Femina Sapiens – uscire dall’antropocene

Shoshanah Dubiner - Il seguente scritto era stato pensato per il numero 128 di “Germinal – giornale anarchico e libertario”. La redazione ha sollevato problemi di spazio relativamente alla sua pubblicazione perciò l’articolo è stato ritirato.

Siamo tutt* figl* di Lucy (1), ma la specie è Homo.

Homo sapiens sapiens è la definizione tassonomica dell’uomo moderno.

La tassonomia è una curiosa cosa da uomini.

Londa Schiebinger (2), per esempio, si chiede come mai i mammiferi furono chiamati mammiferi- mammalia.

Perchè l’avere mammelle, cosa propria solo del genere femminile delle specie, che peraltro producono latte solo per il periodo dell’allattamento, diventa la caratteristica unificante di tutti gli animali pelosi a sangue caldo? Perchè non “Pilosa” per esempio? O altre caratteristiche comuni ad ungulati, bradipi, pipistrelli, lamantini e scimmie come il cuore a quattro camere?

Perchè l’icona della mammella incarna la visione della natura dell’Europa del diciottesimo secolo, apre la strada al pensare le femmine in termini di sessualità e sottolinea la caratteristica delle donne: madri e nutrici.

D’altra parte Linneo il classificatore, come fisiologo e padre di sette figli, per lungo tempo riverì il seno materno mentre dottori e politici lodavano le virtù del latte di mamma.

Un breve esempio per dire che la lingua disvela, la lingua nasconde; dipende da come la si intende.

Anche la parola Anthropocene.

Quella che il biologo Stroemer ed il chimico Crutzen (3) hanno proposto come nome della nuova era geologica nella quale l’essere umano e la sua attività hanno apportato indelebili modifiche al pianeta identificabili a livello stratigrafico.

Una nuova unità di tempo geologico che nondimeno si può misurare anche da un punto di vista naturalistico sistemico considerando il consumo dei prodotti primari e dell’acqua, l’uso del suolo, l’impatto su mari e fiumi, la pesca intensiva, l’alterazione della sua composizione chimica, l’impatto sugli ecosistemi, la riduzione di biodiversità, distruzione habitat, inquinamento biologico, l’impatto sulla biosfera, il peso demografico, gli allevamenti intensivi, l’impatto sul clima, le emissioni gas serra, le estinzioni [6a estinzione di massa].

Da Anthropos: uomo (dal greco).

Scrive Stefania Barca (4) che però quella dell’antropocene è una narrazione politica, razzista, eurocentrica.

Perchè l’umanità che ha determinato gli enormi cambiamenti citati non è mai stata un unicum omogeneo; è invece composta da uomini e donne, paesi ricchi e paesi poveri, colonizzatori e colonizzati … quindi da una parte che ha sicuramente maggiori responsabilità, tutte coagulate nella triade che ben conosciamo di capitalismo/neocolonialismo/patriarcato.

Un sistema consolidato che pur tentando di trovare soluzioni ecologiche attraverso l’innovazione tecnologica rimane avviluppato nella stringente logica del profitto che continua ad aumentare disuguaglianze, ingiustizia, sopraffazioni e non può certo mettere fine allo sfruttamento del pianeta finchè rimane animato dall’impulso alla crescita infinita.

Se si vuole risolvere il problema, perciò, bisogna capire da dove il problema nasce.

Se il problema è nel sistema, bisogna cambiare il sistema.

Poichè nella triade capitalismo/neocolonialismo/patriarcato è sempre incarnato il dominio dell’uomo sull’uomo, sulla donna, sulla natura, ancora oggi, è importante che vengano alla luce e prendano parola i soggetti dominati.

Da questo punto di vista, il “genere”, per le epistemologie femministe, è stata una categoria di analisi privilegiata.

Oggi, il femminismo intersezionale, transfemminista, queer, mette ancora meglio a fuoco e connette tutte le differenze e le discriminazioni che le persone subiscono non solo per genere ma anche per etnia, classe, orientamento sessuale ecc.

Il sistema che sul piano ecologico sta portando il pianeta verso la catastrofe ambientale, sul piano sociale continua inevitabilmente a regredire proponendo modelli di società ancora più grezzi ed ingiusti. Abbiamo toccato con mano da poco a Verona – dichiaratasi “Città per la Vita” – l’indietro tutta con il Convegno internazionale sulla famiglia che ha visto presenti i peggiori rappresentanti del genere del pianeta.

La lotta di rivendicazione, di ribellione, sostanzialmente di autodeterminazione che si sta conducendo, per non arenarsi sulle secche istituzionali come accadde a gran parte del femminismo degli anni 70-80, dovrebbe evolvere nuove prospettive.

Saprà il movimento Non una di meno, che coagula le tante diversità delle donne riprendere vecchie lotte puntando all’autodeterminazione dei soggetti costruita fuori dell’interlocuzione istituzionale?

Al tempo la risposta.

Sappiamo però, per quanto ci riguarda, che nell’epoca dell’antropocene, nuove prospettive non possono prescindere da una riflessione sulla nostra dimensione/collocazione/relazione nella natura.

La natura del problema

C’è un’altra espressione del femminismo che qui ci interessa citare: Lo Xenofemminismo che, in merito non ha dubbi: “se la natura è ingiusta cambiala!”. Così dice il manifesto xenofemminista del collettivo Laboria Cubonix del 2015 (5).

La prospettiva proposta è “trascendere la natura attraverso la tecnologia” per un miglioramento accelerato in un divenire tecnomaterialista-anitinaturalista e di abolizione del genere.

la biologia non è il destino, perchè la biologia stessa può essere trasformata con la tecnologia e dovrebbe essere trasformata per poter perseguire la giustizia riproduttiva e la trasformazione del genere in senso progressista” (6).

Scrive Firestone: “ogni fatto della natura che viene compreso, può essere usato per alterarla” (7);

Di fatto, quanto enunciato da Firestone, già avviene; non avremmo OGM (8) o tecnologie CRISPR (9) o tante altre cose, altrimenti.

Il fatto però è che, se ci troviamo in queste ambasce da conto alla rovescia sul futuro, la natura è stata compresa malamente e, ancora più malamente alterata.

La comprensione delle leggi fisiche che hanno portato al motore di Carnot ed alle sue scorie di combustione che ci stanno soffocando, è avvenuta senza che ancora fossero sufficientemente comprese le macchine della natura come il clima terrestre “macchina complessa …azionata da fotoni solari” e la biosfera, “macchina supercomplessa produttrice perenne di organismi, azionata dai fotoni solari nell’interfaccia fotosintetica con il motore di Calvin” (10) (11) e mantenuta da tutta la catena trofica con il motore di Krebs(12).

C’è una differenza fondamentale in questi motori; l’essere o meno in un ciclo. Vi è un ciclo congiunto fra biosfera e sfera inorganica; la dinamica è autorigenerante. La specie umana, invece, preleva energia da riserva e crea accumulo di scorie (13). Rompe il ciclo.

E perciò, il tecnomaterialismo delle “figlie disobbedienti di Donna Haraway”, come le xenofemministe si definiscono, la loro fiducia nella tecnologia, che è scontro caotico fra denaro, conoscenza, etica, ci porta fuori dall’antropocene?

Probabilmente no.

Piuttosto, è ancora Donna Haraway e altre che invece, ci aiutano a trovare dei riposizionamenti per guardare ad

Una via di uscita

Haraway propone di riconsiderare la natura e se stess* in un unicum evolutivo e fecondo che lei chiama sum-poiesi …”gli esseri – umani o no – si formano l’un l’altro, componendosi e decomponendosi a vicenda, in ogni scala e registro di tempo e cosa, in grovigli sympoietici, nel mondo terreno e non…” (14) E’ il ritorno ad essere dentro un ciclo, fuori dall’antropocene, dentro la poetica definizione di Chthulucene (da khthôn e kainos) per “riconoscere e rinnovare costantemente la simbiosi.

E, a proposito di coesistenza e compenetrazioni, come non ricordare Lynn Margulis e la sua teoria evoluzionistica sull’endosimbiosi appunto, l’evoluzione attraverso la cooperazione di organismi diversi che si scambiano informazioni aumentando le performances per vivere in ambienti diversi… scambi fra nature e fra culture… potremmo dire, tanto per rapportare a noi.

E poi noi chi? Non siamo forse ‘individui’ esistenti all’interno di fenomeni cioè relazioni materializzate/materializzanti in continua riconfigurazione intra-attiva, come scrive KarenBarad, fisica quantistica e teorica femminista?

Di Barad il cui interessante pensiero (15) non si può certo descrivere qui; riprendiamo l’approccio ontologico ed epistemologico che demolisce e “mette in discussione qualsiasi binomio, in primis quello di organismo-ambiente,comunemente inteso nella relazione individuo-contenitore, entrambi classificabili attraverso tassonomie fisse” (16).

… e siamo tornati alla tassonomia.

Ma dopo aver reimpastato la nostra esistenza con le creature sotterranee non visibili del mondo ctonio di Haraway, dopo aver preso atto che siamo chimere composte da un insieme di esseri così, come visto da Margulis e dopo che ci sentiamo esseri dentro intra-azioni in entanglement che sono relazioni vincolanti – tracce aggrovigliate di alterità… ricordando che “differenziare è un atto materiale che non ha a che fare con una separazione radicale, ma al contrario con una creazione di legami e di responsabilità “(17) secondo Barad…

Dopo questo riposizionamento, la tassonomia si dissolve, i confini scompaiono, e noi siamo sempre parte della natura che tentiamo di comprendere. La nostra ontologia.

Il femminismo di oggi, nelle sue diverse propensioni ed interpretazioni; quello che noi chiamiamo “ecofemminismo in tutte le sue declinazioni, può forse trovare in questo un punto di ri-partenza anche per tutte le rivendicazioni e le lotte che ancora e ancora occorre intraprendere per affermare la propria autodeterminazione. … “In sintonia con l’organismo” insomma, per citare ancora un’altra scienziata femminista, anzi due: Evelyn Fox Keller che parla di Barbara McClintok (18).

Femina sapiens sapiens nella tassonomia non esiste e in ogni caso ha poca responsabilità, ma molte propensioni per fare la differenza nel trovare la strada giusta.

NOTE

1) Australopithecus afarensis, specie estinta di ominide, esemplare femmina, scoperto nel 1974 in Etiopia. Datato a 3,2 milioni di anni fa.

2) Londa Schiebinger: “Nature’s Body: Gender in the Making of Modern Science” citato in Richard Grusing Editor: “Anthropocene Feminism” University of Minnesota Press, 2017

3) https://it.wikipedia.org/wiki/Antropocene

4) http://www.iaphitalia.org/stefania-barca-lantropocene-una-narrazione-politica/

5) Helen Hester “Xenofemminismo” Nero Ed. 2018

6) Hester, op. cit. pg. 29

7) Hester, op.cit. pg. 2

8) https://it.wikipedia.org/wiki/Organismo_geneticamente_modificato

9) https://it.wikipedia.org/wiki/CRISPR

10) Luigi Sertorio, Erika Renda: “La mappa del denaro” Aracne Editrice, 2018 -pg. 114

11) https://it.wikipedia.org/wiki/Ciclo_di_Calvin

12) https://it.wikipedia.org/wiki/Ciclo_di_Krebs

13) Sertorio, Renda, op.cit. pg. 176

14) http://www.kabulmagazine.com/pensare-affabulando-simbiosi-e-intra-actions-benvenuti-nello-chthulucene/

15) Karen Barad: “Performatività della natura” Edizioni ETS, 2017

16) http://www.kabulmagazine.com/pensare-affabulando-simbiosi-e-intra-actions-benvenuti-nello-chthulucene/

17) Barad, op. cit. pg. 146

18) Evelyn Fox Keller “In sintonia con l’organismo- la vita e l’opera di Barbara McClintok”, Castelvecchi, 2017

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