La vergine che non ti aspetti

Ci chiediamo che senso abbia organizzare una selezione di modelle per capi di abbigliamento in cui tra le caratteristiche richieste, oltre che l’età -giovane- e stronzate varie tipo “donne vere, contemporanee” ecc., vi sia anche il “possibilmente vergini”.
Nessuno, se non la provocazione, che vale più di tutti.
Dei corpi delle donne in pubblicità si è consumato tutto; corpi usati fino alla consunzione su ogni tipo di oggetto, pubi associati alla concia delle pelli, sottomissioni con invito allo stupro, pin-up in calore sulle bare… Cosa resta?
La chiamata delle vergini per far parlare del marchio prima che del prodotto; il richiamo allo stato dell’imene che nulla c’entra con jeans e bluse ma che tanto titilla il testosterone e tanto urta l’autodetermianzione delle donne. E forse gli illuminati del maketing proprio su questo contano; sull’indignazione delle donne come amplificatore della rèclame. Bene, eccoci qua, onde evitare perdite di tempo con visite ginecologiche di accertamento prima delle sfilate, li reindirizziamo verso luoghi dove la verginità è garantita al 100%; vadano a provocare là dove il mito è stato inventato… in chiesa, per esempio. Che noi siamo stufe e se sapessimo fare miracoli, certi idioti li avremmo già guariti.

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