Condensation and Distortion

Andre Kertesz-Distortion#172

Parliamo di una cosa che, in realtà, non siamo riuscite a vedere; o meglio, che abbiamo visto solo parzialmente, per quello che ne è uscito su questo video. Il riferimento è ad una festa di paese dal bel titolo e dalle belle speranze: “Immaginare il tempo”, che al suo interno ospitava l’esposizione di arte figurativa “Condensation”.
Condensation, tra le altre, ospitava le opere, origine delle polemiche, di Aleksander Veliscek e Ryts Monet; di questi, riusciamo a vedere solo il dipinto dell’artista sloveno che ritrae un atto di prevaricazione, potere, violenza; uno stupro da parte di due nazisti verso una donna.
Non sappiamo quanto, nell’insieme dell’esposizione, quest’opera sia stata contestualmente collocata, quanto adeguatamente e sensibilmente presentata, quanto organicamente appropriata al tema che si voleva sviluppare…; non sappiamo se è stata buttata là, allo sbaraglio, tanto per far ribollire un po’ di brodo propagandistico; …c’è chi usa interi padiglioni di  Biennale per tirare a lucido il proprio curriculum; curatori, arte, mercato, spesso sono, quelli sì,  inscindibilmente condensati..
Ma qui non ci interessa; vogliamo invece focalizzare quello che è uscito sulla stampa locale dopo l’irritazione dell’opposizione politica nei confronti dell’amministrazione comunale, la consultazione con i carabinieri (!) e l’isolamento delle opere in una stanza a parte con l’indicazione di visione per un pubblico adulto.
Sunto dai titoli: “Opere d’arte osè”,  “quadri volgari”,  “contenuti volgari”, “disegni porno”,  “immagini troppo scabrose”.
Un buon test per capire come si orienta e si alimenta la percezione; come si inquadra la violenza contro le donne, cosa si comprende della brutalità incarnata nel potere politico;  la decodificazione che se ne rimanda al pubblico…
I termini sono: volgarità,  pornografia e un più pruriginoso “osè” degno dei commenti alle pose delle pin up degli anni ‘50; insomma, tutto, meno che considerazioni sul dipinto che è, se pur storicamente inquadrato, una testimonianza della realtà, brutta, orrenda,  ma realtà.  Passata, ma neanche tanto.
Lo sa chi segue le denunce che, anche se molto difficilmente, emergono dalle istituzioni totali come i CIE , dalle prigioni, financo dalle caserme dei carabinieri.
E non occorre vestire una divisa con la simbologia del potere assoluto per essere un aguzzino; lo sa chi segue le cronache di quotidiane violenze, stupri e femminicidi.  Ma i giornali ci danno cronache narrate in modo che non lasciano segno, che non indicano una drammatica sommatoria, che non lanciano  allarme, non interrogano e non guardano alla soluzione perché non sollevano il problema.
Di pari passo, non c’è alcun problema ad alimentare quotidianamente lo sguardo, di pubblicità che offendono, per non dire che talvolta istigano alla violenza contro le donne… Per non parlare dei programmi di intrattenimento televisivi…. Eppure di quelli non si dice che hanno “contenuti volgari” né sono indicati solo ad un pubblico preparato; li guardano tutti, anche l‘innocente “gente di paese“.
Dentro questa distorsione generale, ciò per cui ci si infastidisce ed irrita è il dipinto che denuncia una “scabrosa realtà“, non la realtà scabrosa che invece scivola via come nulla nell’indifferenza alimentando così le basi per la sua riproduzione.
L’evocazione di quello stupro dovrebbe indignare per la violenza che lo stupro è; invece l’attribuzione dei termini “porno” e “volgare” hanno la pura funzione di contribuire ad occultarla. Come la si occulta nella realtà, con la pervasiva volgarità misogina e sessista, capillare e diffusa, dal paesello al parlamento,  salvo poi indignarsi quando un dipinto te la mette davanti, o ignorarla quando accade per davvero. Che è ancora peggio.

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