Messaggio dagli ermellini
Ecco, oggi gli ermellini mandano un messaggio e dicono cosa hanno pensato nel produrre la sentenza di cui si è molto parlato ieri. Molti hanno precisato che l’attacco ai giudici è stato fatto a sproposito perché quella non era altro che una “interpretazione doverosa” di una sentenza della Corte Costituzionale; era quella che stabiliva che le persone accusate di violenza sessuale di gruppo possono beneficiare di misure alternative al carcere.
Come oggi spiegano gli stessi giudici, “unica alternativa alla decisione presa sarebbe stata procedere sollevando una questione di incostituzionalità che, quella sì, avrebbe portato alla scarcerazione degli indagati per decorrenza dei termini di custodia cautelare”. La sentenza cui si fa riferimento è la n. 265 del 2010, la quale prevede l’obbligatorietà della custodia cautelare per i soli reati di stampo mafioso.
Ecco, perché i reati della mafia, stando ad una caratterizzazione della C. cost, del 2011, si distinguono per la loro suscettibilità di produrre una solida adesione tra gli associati, una rete di collegamenti e radicamento territoriale, una diffusività degli illeciti a sua volta produttiva di forza intimidatrice del sodalizio criminoso…
Lo stupro di gruppo invece???
Se non la ricordate, ve la ricordiamo noi come esempio paradigmatico la ragazza stuprata da otto minorenni a Montalto di Castro nel 2007; titolava il Corriere: Montalto, tutto il paese con gli stupratori «Sono bravi ragazzi, la colpa è di lei» Un 70enne: avessi avuto 13anni mi sarei messo in fila. Un carabiniere: perché ha parlato dopo un mese?
Cos‘è questa se non una “rete di collegamenti e radicamento territoriale”, in cui è evidente la “produzione di forza intimidatrice” e dove l’espressione del 70enne e del carabiniere tradiscono una solida “adesione tra gli associati” perlomeno come concorso esterno nel contesto di svalorizzazione in cui viene collocata la vittima?
Come abbiamo già detto ieri, non è da noi sostenere la necessità del carcere, ma non sopportiamo gli opportunismi legislativi o giurisprundenziali di cui la Cassazione è stata particolarmente prolifica e pittoresca nei confronti delle donne. Ne faceva un rapido excursus ieri Flavia Amabile: dalla sentenza dei jeans per i quali non è possibile violentare una donna che li indossa senza la sua collaborazione nello sfilarli, a quella per cui non è reato picchiare la moglie che non si mostra intimidita, a quella che è meno reato se si stupra una minorenne che ha già avuto esperienze sessuali…
Sicchè quando si tratta di donne scatta la massima libertà di interpetazione delle leggi e dei codici, la matematica diventa un’opinione e la norma si cuce addosso con il filo della morale. Un vestito da adattare ad hoc alla persona di genere femminile perché in realtà il filo conduttore che tiene legate molte sentenze è, in questo caso sì, quel vincolo omertoso allargato di appoggio e condiscendenza diffusa che riguarda buona parte della comunità maschile.
Lo stupro di gruppo è un atto mafioso? In parte sì. Va trattato con la custodia cautelare in carcere? Anche no. Ma teniamo presente che è la vittima che deve essere avvolta da una rete diffusa di protezione e rispetto; cosa che, stando ai messaggi che arrivano dagli ermellini sembra andare in senso opposto. Perciò cassiamo la cassazione e le sue sentenze dal nostro orizzonte, perché dobbiamo essere noi le intoccabili; dagli stupratori singoli, seriali e gregari, dai molestatori, dalla morale dei legislatori.