Conferenze da sofferenza

Donne e sofferenza?
Ribellione e resistenza!!

Leggete:
Se la depressione colpisce una donna, come reagisce chi gli sta vicino? Quando un uomo uccide la propria partner per gelosia, cosa pensiamo? Quando una donna è preda della droga, del gioco d’azzardo, del vizio, come ci comportiamo? Quando una donna è diversa dalle nostre aspettative cosa facciamo? E se non gli interessano gli uomini?
Allora, intanto ridiamo, perchè è il primo impulso che genera l’incipit patetico e sballato di questa iniziativa che qui di seguito commentiamo.

Ed ecco qua, che alla fine della stagione estiva, La Fattoria Didattica & Sociale Bosco di Museis, di Renato Garibaldi, dopo le serate sulle radici cristiane e celtiche della cultura di montagna curate da Paolo Paron (uno degli artefici dell’operazione Sbilfs e dell’invenzione e/o manipolazione delle tradizioni carniche a uso della nuova destra iniziata nei primi anni ’90), le riflessioni sugli stranieri con o senza dio gestite da un prete di fama (di) sinistra come Don Di Piazza, l’apologia degli imprenditori della montagna, persino la proiezione del film “Carnia 1944”, organizza la sua brava INIZIATIVA SESSISTA SULLE DONNE (ahinoi anche con alcune donne presenti che forse non hanno saputo leggere tra le righe e quindi non hanno capito l’importanza di disertare simili contesti).

L’iniziativa è intitolata DONNE E SOFFERENZA-BINOMIO INDISSOLUBILE? e il testo di presentazione, oltre alla sciatteria di utilizzare erroneamente e ripetutamente il pronome maschile anziché quello femminile, conferma l’ambiguità e l’ambivalenza politica (la terza posizione!?!) che caratterizzano le proposte culturali di Bosco di Museis. L’obiettivo è riuscire ad infiltrarsi nell’antifascismo storico, nelle lotte ambientali e/o di difesa del territorio… ed ora anche nel patrimonio del movimento delle donne, per appropriarsene ed infestarli di un pensiero autoritario e oscurantista.

Ed ecco che parlando di depressione delle donne ci si guarda bene dal fare riferimento alla struttura sociale patriarcale e al familismo che ne sono gli incubatori (come ben sottolineava vent’ anni fa Donatella Cozzi proprio in uno studio sulla depressione femminile in Carnia), come anche alla funzione cronicizzante del manicomio chimico post basagliano; mentre, parlando di uomini che ammazzano le donne per gelosia, si censurano accuratamente le parole violenza di genere, oppressione, prevaricazione, negazione, anzi, sembra che si voglia proprio rovesciare sulle donne un problema di sofferenza ormai squisitamente maschile: non si giustificano forse sempre gli autori di femminicidio  con un “…era depresso…”?

Sorvoliamo con una risata (che speriamo li seppellirà!) sui toni millenaristi utilizzati per parlare delle “donne preda del VIZIO” in ogni sua declinazione possibile, ma ci teniamo a concludere diffidando l’organizzatore dall’associare la sofferenza alla condizione delle “donne alle quali non interessano gli uomini”: le donne che amano le donne, non soffrono affatto e anzi se la spassano, le uniche sofferenze sono quelle provocate dalla patologizzazione e colpevolizzazione dei desideri messe in atto dalle chiese, dai fascismi e dalle scienze mediche e psichiatriche ai loro danni!

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