CIE: lavoriamo per chiuderli

noisiamoqui318Martedì mattina c’è stato, davanti alla Prefettura di Gorizia un presidio del personale del Consorzio Connecting People che lavorava all’interno del CIE e da un sacco di mesi non viene pagato. Si chiedeva il pagamento dello stipendio arretrato e si esprimeva preoccupazione per la perdita del posto di lavoro.
Al di là della questione dello Stato insolvente, il nodo è che quelle persone chiedevano garanzia di lavoro dalla riapertura del CIE.
Di recente, per Sensibili alle foglie è uscito un libro di Davide Cadeddu: “CIE e complicità delle organizzazioni umanitarie”  che mette in luce proprio questo aspetto tracciando un percorso logico incontestabile.
Il primo punto, sotto gli occhi di tutt*, sono gli atti di rivolta, di autolesionismo, di ribellione  continua e costante che si sono registrati in tutti i CIE, atti di rivolta e danneggiamento talvolta fino a renderli ingestibili, come nel caso di Gradisca.
Secondo punto sono i gestori:  Croce Rossa, Cooperative od organizzazioni caritatevoli che continuano a parlare di “accoglienza”: “ciascuna di queste organizzazioni dichiara di gestire nei CIE gli aspetti legati all’accoglienza, ovvero la mediazione linguistico-culturale, il sostegno socio-psicologico, l’assistenza sanitaria, l’informazione legale…” (pg. 84)
Il terzo punto è la contraddizione fra i primi due punti; “ non bisogna essere esperti di logica aristotelica per farsi venire qualche dubbio… e chiedersi come sia possibile che persone oggettivamente così bisognose come quelle ospitate nei CIE, a tanto buona accoglienza, rispondano ingrati con sommosse, incendi, tentativi di fuga”. (pg.84)
Ecco, il gioco di parole, anzi, lo scivolamento, la manipolazione è evidente; ciò che si chiama “accoglienza” è ingiusta detenzione, sequestro, reclusione, internamento, cattività. Non sono gli “ospiti” ingrati, incapaci di riconoscere l’umanità dell’accoglienza loro riservata nei CIE; è evidentemente la condizione di non-persone, di soggetti privi di diritto, nella quale vengono collocat*.
Da questo punto di vista i CIE sono analoghi ai campi storici e le leggi sull’immigrazione sono leggi razziste e allora, “non ci possono essere più equivoci, né scuse; volerli gestire è cosa infame, e va detto forte. E i primi a dirlo devono essere gli operatori del sociale, trasformando il loro non essere d’accordo con il fatto che l’ente per cui lavorano gestisca (e/o si proponga di gestire) questi posti  aberranti, in atti di disobbedienza efficace e concreta. Di fronte a un campo di internamento la non-collaborazione è il minimo e bisogna saperla pretendere da sé e dai propri colleghi, fuoriuscendo dal ricatto  della sicurezza del proprio posto di lavoro e da tutte quelle logiche, prettamente aziendalistiche, che producono questo tipo di pensieri. Gli operatori sociali devono sapere che – se le leggi sull’immigrazione sono davvero leggi razziali – a nulla servono la delega, le petizioni e i cortei, se poi lo stato applica queste leggi con il lavoro delle loro mani.”(pg.93)
Sono le parole di Davide Cadeddu, il messaggio che ci sentiamo di mandare agli operatori che manifestavano davanti alla Prefettura, un messaggio di presa di coscienza e di opposizione attiva, pratica e determinata; noi non potremmo mai appoggiarli nella richiesta di quel lavoro, ma nella pressione affinchè il loro ente non partecipi alla gestione di un lager.
Allora, domani ci sarà una manifestazione indetta dalla Rete Contro i CIE – FVG contro la riapertura del CIE di Gradisca e contro tutti i CIE.
Lavoriamo per la loro chiusura. Definitiva.

*Abbiamo invitato Davide Cadeddu a presentare il suo libro; lo incontreremo in gennaio.

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