Culturale non emergenziale
Nella manifestazione di ieri abbiamo, tra le altre cose, puntato l’attenzione su quanto anche le forze dell’ordine, quelle con cui in questo periodo si firmano a livello comunale e provinciale protocolli d’intesa contro la violenza di genere, si siano, in diverse situazioni, rese colpevoli proprio del reato in questione.
E proprio ieri il Messaggero Veneto riportava un articolo in cui si parlava della condanna andata definitiva ad un militare di carriera (periferia di Udine), ora in pensione che per sei anni ha abusato -violentato- la bambina che gli veniva affidata in custodia mentre i genitori erano al lavoro.
Ecco, al di là delle tare che ha in testa comunque anche chi veste una divisa, dell’articolo riportato, notevole è una cosa: il fatto che alcuni familiari abbiano chiesto di “sistemare le cose “in maniera bonaria”, con un ritiro della querela «per non rovinare i buoni rapporti familiari» ”.
Questo è l’indicatore di una cosa importante; di quello che andiamo da sempre dicendo: la violenza contro le donne e, in questo caso, le bambine, è un fatto culturale e non emergenziale.
In questa richiesta è sedimentata una cultura atavica di protezione familistica, di ricatti emotivi, di silenzi mafiosi e tentativi di protezionismo verso l’esecutore piuttosto che la vittima.
Una cultura si cambia mettendo in chiaro queste cose e non con decreti e protocolli che sembrano fatti apposta per oscurarle.