La morte in diretta
Ci chiediamo quanto sarà utile l’ascolto, fuori dall’aula del tribunale, della morte di Lisa uccisa poco più di un anno fa dal suo ex a Villaorba di Basiliano.
I telegiornali ed i giornali locali hanno fatto ascoltare e pubblicato quella registrazione che Lisa aveva fatto, così come le consigliava di fare l’avvocato, quando incontrava il suo ex che già altre volte l’aveva minacciata e picchiata.
La pubblicazione ha l’autorizzazione della famiglia della quale possiamo intuire e capire la motivazione.
Diversa è la posizione del media che decide di far sentire, di mostrare.
Come non pensare al ritorno di visibilità che se ne riceve? Come non pensare alla ricerca della cosa “forte”? Come non pensare a quello stile osceno che pone costantemente “la vita in diretta”… e allora, perchè non la morte?
L’articolista del Messaggero Veneto, così argomenta: “….A chi ci accusa di aver voluto destare scandalo io rispondo sì. Sì, volevamo. E insistiamo, ancora, nel contestare chi si rassegna a considerare normale che un maschio risolva la sua incapacità di confrontarsi con l’altro sesso con la sopraffazione. Lisa non è una vittima. E’ l’emblema del femminicidio. ….” (qui per intero)
E’ una argomentazione che regge un poco perchè il femmincidio può (e dovrebbe) essere compreso anche senza scrutare dentro l’immagine devastata della vittima, anche senza ascoltare i suoi rantoli agonizzanti, anche senza lo stupore angosciato e le urla disperate dei famigliari. Il femminicidio dovrebbe essere compreso nelle sue determinanti culturali, perciò la domanda é: ci aiuta quell’ascolto terribile a comprenderle? Oppure chiude la tragedia su se stessa, ci fa concentrare, forse anche con un certo voyeurismo, sul fatto, isolandolo intorno alla non-umanità, ed al livello di ricongiungimento con la rabbia ferina cui riesce ad arrivare un uomo, come scrive ancora la pezza giustificativa del MV?
E che tristezza quando il grido delle donne morte viene agitato per vitalizzare i commenti che di norma compaiono sotto questi articoli….