Biodiversità: la grande bellezza

ecofemminismo20

Sull’ultimo numero di “Germinal – giornale anarchico e libertario di Trieste, Friuli, Veneto e …” c’era un nostro scritto intorno alla biodiversità.

Lo riproponiamo qui di seguito con un parzialissimo, breve (e triste) aggiornamento:

la scomparsa di cinque atolli corallini presso le Isole Salomone; sommerse ed irrimediabilmente perdute per l’innalzamento del mare dovuto al riscaldamento globale.

Il termine “biodiversità” ha si e no trent’anni, ma già da cinquanta, è iniziata la distruzione di ciò che il termine rappresenta.

Con l’attacco agli ecosistemi e quindi l’impoverimento del paesaggio è iniziata la perdita di biodiversità per sottrazione della base sulla quale questa si sviluppa; come un liquido al quale viene meno il proprio contenitore.

Il paesaggio è ciò che raccoglie la comunità, è il suo ambiente fisico, è sistema di ecosistemi con tutti i suoi livelli di organizzazione; la sterminata rete di relazioni che si fanno e si disfano in un divenire continuo: dalla diversità genetica, molecolare, di individuo, di specie, di popolazione, di comunità su di un supporto fisico… di paesaggio appunto.

La vita va così: diversifica forme, funzioni, adattamenti… in continuo. Perchè? Potevamo rimanere tutt* ammoniti o trilobiti o qualsiasi altra cosa fatta e funzionante… invece la diversità è la cifra della vita… perchè?

Per una questione di sfruttamento e di ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse che permettono ad ognuno di sopravvivere.

Procurarsi le risorse è un bisogno elementare; mettere a punto il modo migliore per farlo vuol dire essere un buon modello energetico.

C’è chi descrive la biodiversità di un ecosistema come un insieme di macchine termodinamiche operanti con un proprio rendimento e tutte alimentate da varie fonti energetiche compresi i prodotti di scarto di altri organismi perciò il rendimento finale è maggiore dei rendimenti dei singoli organismi.

Da questo punto di vista perdere biodiversità significa stabilizzarsi ad un livello di rendimento minore.

E’ quello che la nostra specie sta facendo sulla Terra, evidentemente, visto che siamo qua a parlare di “sesta estinzione di massa”, quella che, a differenza delle altre precedenti probabilmente causate da eventi ‘altri’, sembrerebbe la prima ad essere causata dai suoi abitanti.

Un po’ di calcoli li ha fatti una ricerca pubblicata su “Science Advanced” (1) che riporta i dati dell’accelerazione delle estinzioni. Dalle 60 specie estinte tra il 1700 e il 1800 si è passati alle 396 del secolo scorso. La causa è l’attività umana ed il suo pessimo modello energetico che sta irrimediabilmente finendo le risorse cui ha attinto in modo dissennato, che sta boccheggiando in un mare di inquinamento e di entropia che ritorna sotto forma di cambiamento climatico.

Il cambiamento climatico è la summa di tanti pessimi cambiamenti. Un big HIPPO.

Hippo sta per: Habitat destruction, Invasive species, Pollution, human over-Population, Overharvesting by hunting and fishing. Ed è l’acronimo usato da Edward O. Wilson per descrivere le cause della perdita di biodiversità.

The Hippo dilemma:, come risolvere tutti i problemi posti dai termini di cui sopra.

Per la perdita degli Habitat guardiamo all’agricoltura, a quella intensiva, a quella che per sostenersi su quelle poche specie selezionate deve compensare con supporti chimici di nutrimento e di difesa, a quella che – paradossalmente – nella povertà genetica che si è creata intorno con la rivoluzione verde, deve ricorrere agli OGM per avere ancora qualche pannocchia nel campo, e, dopo gli OGM deve inventarsi l’editing genetico ovvero i così detti OGM 2.0 per avere ancora qualche varietà commestibile e tentare di aggirare le diffidenze ed i freni commerciali e legislativi nei confronti dei vecchi transgenici di tanti stati europei.

Le nuove tecniche biomolecolari permettono di ottenere la varietà desiderata senza l’introduzione di sequenze genetiche estranee ma modificando, con tecniche diverse, quelle esistenti.

E’ una modifica che crea biodiversità? In natura questa nasce dal caso e dalla necessità in un substrato e in un contesto denso di relazioni e di complessità a tutti i livelli (genetico, molecolare, di organismo/i, ambientale ecc. ecc.), in una parola, dall’evoluzione. La nostra specie che cosa evolve sotto la pressione di un’unica variabile che è quella della resa commerciale camuffata da “Expo: nutrire il pianeta?”

Perchè siamo tant* e dobbiamo mangiare tutt*si dice quando occorre una patina di buonismo umanitarista.

E qui si tocca il tabù dei tabù che anche la farsa di Cop 21 si è guardata bene dal toccare e che è un altro punto cruciale, una delle “p” di Hippo: human Over Population. Forse sono stati seguiti troppo i dettami biblici: “crescete e moltiplicatevi”? [e non finiremo mai di dire i danni delle religioni, perlomeno di quelle monoteiste].

Ma forse non se ne parla perchè è un argomento spinoso che si colloca fra libertà individuale, desideri riproduttivi legati alla trasmissione del proprio patrimonio genetico [una discussione glissata via anche da chi in quest’ultimo periodo ha tanto ragionato sull’utero in affitto] e soprattutto libertà delle donne di decidere per sé in termini di contraccezione, aborto, numero di gravidanze… tutte cose che vanno a collidere con le varie politiche statali le quali a loro volta non vogliono infastidire le autorità clericali.

Le dinamiche delle popolazioni sono argomento particolarmente complesso, ma non riusciamo a sottrarci al voltastomaco di un paese come questo in cui si piange per le culle vuote ma sempre con la sfrontata ipocrisia di chi respinge il possibile aumento di popolazione quando questa arriva dalle parti più bastonate del mondo.

Perchè si vuole l’uniformità genetica/culturale o razziale o di tradizione… Una gran stronzata disumana e destrorsa indotta da un sistema capitalista cannibale che non ha niente a che fare con quell’altro punto Hippo che è Invasive species; quello che si chiama inquinamento biologico e riguarda specie introdotte in un ambiente nuovo dove non si sono evolute e dove non hanno competitori. Un disastro.

In questi giorni nel mio orto la coccinella arlecchino si sta facendo grandi scorpacciate di afidi sui rosai, ma nonostante il lavoro meritorio, la coccinella arlecchino detta anche asiatica, ha surclassato le coccinelle autoctone altrettanto graziose ma molto più piccole.

Poi c’è Pollution, inquinamento per il quale non occorrono spiegazioni e che da anni ci impegna sempre in grandi battaglie su tanti fronti a livello di difesa ambientale.

Tanto per restare sull’attualità adesso si parla di trivellazioni per l’estrazione di idrocarburi e ci agganciamo alla O di Hippo: Overharvesting: supersfruttamento. Wilson fa riferimento a caccia e pesca che sono indubbiamente grandi cause di perdita di biodiversità (per dirne una, nel 2050 si calcola che nell’oceano ci sarà più plastica che pesci), ma l’accento va messo anche sul picco delle risorse. Il sito di Ugo Bardi “Effetto risorse – Benvenuti nell’era dei ritorni decrescenti” (2) ne parla un giorno sì e l’altro pure e fa bene, perchè tutto sta finendo.

Tutto meno che la perversione delle lobby politico/economiche della nostra specie le quali, pur di raspare il fondo del barile si sono inventate il Biodiversity offsetting che sarebbe una modalità di compensazione del tipo: puoi devastare mezza Africa (tanto per fare un esempio sempre dettato dall’attulità), basta che ricrei un altro habitat da qualche altra parte del mondo.

E’ letteralmente demenziale sia perchè è una vera licenza di saccheggio ed una nuova forma di colonizzazione, sia perchè gli habitat non si creano tal quali quelli che si sono distrutti, né si creano così, sulla base dei propri desideri e soprattutto delle proprie arbitrarie valutazioni economiche.

La caratteristica della nostra specie è proprio quella di aver messo a punto quella grandissima tecnologia che è il linguaggio: Il linguaggio è il vero e proprio punto di rottura fra gli esseri umani e qualsiasi altra cosa che cammina, striscia o vola sulla faccia della terra (3); con il linguaggio ovvero con la capacità di rappresentare il mondo nasce la capacità di cambiarlo, nasce la “bugia”, la rappresentazione di qualcosa che non c’è o non è come si dice che sia e nasce perciò anche, come osserva Elisabeth Kolbert in “La sesta estinzione- una storia innaturale”, la capacità di distruggerlo.

C’è un blog molto interessante che si chiama Desdemona Despair -La disperazione di Desdemona- (4) che ha come sottotitolo: Blogging the End of the World e non ha bisogno di traduzione o di commento.

Racconta gli indizi della fine probabile di quello che abbiamo conosciuto come nostro mondo; di quell’era chiamata antropocene.

Al di là di questo la vita continuerà ricreando biodiversità perchè la vita è materia organizzata della quale noi potremmo o avremmo potuto essere la parte autocosciente.

Peccato pensare di aver fallito.

NOTE:

1) http://advances.sciencemag.org/content/1/5/e1400253.full

2) http://ugobardi.blogspot.it/

3) http://ugobardi.blogspot.it/2016/04/in-che-modo-la-piu-grande-tecnologia.html

4) http://www.desdemonadespair.net/

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