From Italy to Tripoli
La fine di Gheddafi? No, le Gheddafine.
Dopo quattro mesi di bombardamenti Nato sulla Libia (piatto-ricco-mi-ci ficco) che i “nostri” franco-anglo-italioti und mericani non sembrano al momento riusciti a papparsi del tutto con l’operazione “Odissea all’alba” diventata “la notte che non finisce più”, il colonello non smamma, e se non ne vuol sapere di crepare, o di esiliarsi, toccherà lasciarlo lì, e trattare.
Tanto rumore per nulla. Tanti costi e soprattutto, come sempre, tanti morti. Alla fine le dittature, gli stati e i governi trovano sempre il modo di sistemare le cose, magari i nemici tornano amici; ci si frega gli affari o ce li si spartisce; gas, petrolio, risorse, investimenti e migranti: li elimini tu o li anniento io? Lunedì dalla Libia è arrivato un barcone con 271 persone e 25 morti nella stiva; forse altri sono stati gettati in mare. Molti sono stizziti perché questo è la risposta di Gheddafi agli attacchi contro di lui. Perciò oggi la Lega nell’approvare il decreto sui rimpatri e la permanenza nei CIE fino a 18 mesi ha anche fatto approvare un suo emendamento che auspica per le forze aeronavali attualmente impegnate nell’operazione Unified Protector (quella per la tutela dei civile dagli attacchi in Libia)(!) l’assunzione anche di compiti nel campo della prevenzione dei flussi migratori. Cioè il lavoraccio che prima faceva Gheddafi. Intanto una delegazione di avvenenti hostess ingaggiate come alunne del Corano ai tempi romani dei baciuzz fra i due rais, sono arrivate a Tripoli a portare la loro solidarietà al colonello resiliente. Diplomazia. Meglio di quella di Franco Frattini