La certificazione del sorriso

Se si potesse morire due volte, Maricica lo sarebbe. Prima con il pugno, poi con il sorriso.
Il sorriso obliquo del suo assassino, seminascosto sotto il cappuccio azzurro-cielo immortalato in una foto che è chiarificatrice più di qualsiasi altro discorso.
Più delle lettere di scuse, più delle contrizioni e dei rosari della madre, più della paura del carcere, più della certificazione dell’essere un bravo ragazzo; quel sorriso è la certificazione di una realtà orrenda, sempre più frequente nei suoi episodi di razzismo, stupidità e misoginia.Chi mantiene un minimo di lucidità sa perfettamente che se un rumeno avesse ucciso a quel modo un’italiana sarebbe successo il finimondo, come d’altra parte le reazioni furono del tutto diverse quando la rumena Doina Matei uccise Vanessa Russo; lo ricordava Gennaro Carotenuto qualche giorno fa e anche oggi Chiara Saraceno dalle colonne di “Repubblica”.
In questo infame ordine sociale ci sono individui che hanno quotazione bassa e individui che hanno quotazione nulla, a seconda che siano neri, rumeni ecc. o che siano donne; se poi sono donne nere, rumene ecc. valgono ancora meno di nulla.
Burtone sorride mentre ascolta il coro dei supporters che lo acclamano alzando il pugno in quel gesto che ha ucciso Maricica rilanciato a tutte le altre donne,  e sono lì a dire che lui, ha fatto la cosa giusta.
D’altra parte già il testimone della stazione Anagnina aveva detto: “…non avevo mai visto una scena del genere, una donna che picchia in quel modo un uomo. La donna se l’è cercata. L’ha chiamato anche porco”.
Queste parole sono l’inverso di quello che tutt*  abbiamo visto nei nostri schermi, parole che, con la morte di Maricica, diventano ancora più grottesche e anche peggio, perché diventano la giustificazione di un atto che è diventato un  assassinio.
Quel “…se l’è cercata…” che le donne si sentono dire tante volte quando sono vittime di violenza; quella frase inscritta nella legge del branco allargato, nel coro che giustifica l’azione consequenziale, qualunque sia; poi seguirà la pretesa dell’assoluzione. “Alessio libero!”, e lui sorride; si ritiene nel giusto?; glielo dicono quelli che sono lì, ma glielo dice anche questa realtà razzista e contro le donne che molti hanno contribuito a creare e pare non abbiano voglia di smettere. Questa realtà risponde con altrettanto sorriso a quel ragazzo che “infastidito” da una donna le sgancia un pugno, raccoglie le sue cose e se ne va, perché così si fa. Oggi il suo avvocato ha chiesto di nuovo i domiciliari.

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