Il rispetto per gioco e l’intolleranza per davvero
Metti un gioco con il quale si dovrebbe apprendere il rispetto per l’altr*, metti che giocando si impari che tra maschi e femmine non ci dovrebbero essere differenze discriminanti, metti che per gioco ci si metta nei panni dell’altr* che è sempre un bell’esercizio di arricchimento e comprensione di sé; metti che un cervello “imprintato” al rispetto è meglio di uno che invece no… Insomma metti “Il gioco del rispetto”, un gioco che si propone di combattere gli stereotipi di genere che si apprendono -perchè si insegnano- già da piccol*, proponilo alle scuole dell’infanzia e subito vedi spuntare i respingenti della censura, della difesa dello status quo, dell’intolleranza, del sessismo, dell’omofobia in una farcitura di ignoranza e stupidità uniche.
Nessuno degli articoli che parlano del gioco proposto, entrano nel merito e lo analizzano seriamente; no; basta leggere i titoli qui, qui, o qui e si capisce perchè ci si trova agli ultimi posti del gender gap mondiale e possiamo supporre che lì si resterà.
Un semplice gioco è rivelatore di una realtà che vuole rimanere com’è: fortissimamente oscena ed ipocrita.
Perchè si riempie la bocca di omaggi alle donne intorno all’8 marzo, mentre sono private di mezzi economici, in condizione di precarietà e non rispettate tutto il resto dell’anno; si dichiara indignata per la violenza sessuale, si inventa inefficaci campagne contro il femminicidio, ma non tollera che si tocchi una virgola a quella cultura che permette che tutto questo giunga a maturazione.
Le cose si imparano da piccol*; poi da grandi le si insegna agli/le altr*. Belle o brutte che siano.