Giulio e gli altri
Infine l’addio a Giulio non sarà un funerale di stato.
Almeno sarà risparmiata la grande girandola di dichiarazioni ipocrite sul “suo sacrificio che fa onore all’Italia”, mentre l’Italia stringe amabilmente le mani di quelli che con tutta probabilità sono gli artefici di quel buco nero che in Egitto negli ultimi mesi del 2015 ha inghiottito una media di tre persone al giorno.
Persone, spesso oppositori del regime, che secondo le forze dell’ordine potrebbero rappresentare “una minaccia alla sicurezza nazionale” e perciò prelevate, torturate e sistematicamente violentate e spesso sparite.
Ma Renzi ha definito Al Sisi “un grande statista” e perciò, più o meno sappiamo già come andrà a finire.
Ce li ricorda Marina Forti gli affari in corso, e già oggi, ancora prima che Giulio sia sottoterra, la sua spaventosa tortura e l’atroce morte sono già insabbiate.
Non ci sono responsabilità della polizia dice il il ministro dell’interno egiziano che torna ad orientare le indagini verso l’omicidio a sfondo sessuale.
Figuriamoci la voce grossa di un paese come questo in cui il reato di tortura non esiste nemmeno e nel quale talvolta si muore come Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Giuseppe Uva, Michele Ferrulli, Stefano Brunetti, Riccardo Rasman e altri.
Ed ancora si aspetta la verità.
Fatte le opportune distinzioni sulle contingenze storiche, certi paesi, nel peggio, si assomigliano spesso.