Meglio il miscuglio
La scorsa settimana abbiamo avuto modo di ascoltare un intervento di Salvatore Ceccarelli, di passaggio a Udine in un incontro in cui si parlava di biodiversità organizzato da una associazione di agricoltori biologici.
Salvatore Ceccarelli è un genetista che dopo aver insegnato per anni all’università di Perugia è passato alla sperimentazione sul campo dove, avvalendosi delle conoscenze in materia, ha praticato, assieme alle popolazioni ed agli agricoltori e soprattutto alle agricoltrici interessat* una cosa che si faceva già da 9000 anni, cioè lasciare che le piante si adattassero al loro ambiente.
Sembra la scoperta dell’acqua calda, una scoperta che in realtà è stata cancellata dall’agricoltura di tipo industriale che ha trasformato ambienti diversi in luoghi tutti uguali con poche specie e varietà coltivabili sempre più dipendenti da concimi ed antiparassitari e quindi con la concentrazione e la dipendenza dei semi da poche multinazionali.
Perciò, di fronte al fallimento di questa agricoltura, alla distruzione della biodiversità, al persistere della fame, all’asfissia da inquinamento, all’avanzamento del cambiamento climatico non resta che tornare indietro pur facendo tesoro della conoscenza e della coscienza dell’oggi.
Miscugli, popolazioni evolutive ed agricoltura partecipata sono la ricetta di Ceccarelli.
E’ una ricetta bella, buona, e funziona.
In sintesi (ma lo potete capire meglio qui) consiste nel mescolare varietà diverse di una stessa specie (es. tante varietà di grano) o anche di specie diverse e lasciare che gli incroci che ne risulteranno si evolvano nel tempo dando vita a popolazioni evolutive che si adattano da sé ai terreni, al clima, alle condizioni complesse dell’intorno e così facendo producono biodiversità e quindi rimettono in equilibrio situazioni degradate da monoculture e parassiti senza competitori e perciò sempre più resistenti.
La lotta alla Diabrotica virgifera , parassita del mais è un bell’esempio di quello che invece accade nelle monocolture; Hannah Nordhaus nell’art. “Un parassita da un miliardo di dollari” (Le Scienze – maggio ’17) racconta quanto costi nell’Illinois della corn belt la lotta, ancora in perdita, al pestifero coleottero. Dove si semina mais mai e mais il nostro insetto ha imparato a sopravvivere anche alla rotazione con la soia, è passato oltre pesticidi ed antiparassitari, ha superato una tossina del mais ogm, poi ne ha superato un’altra e poi un’altra ancora fino alla quarta fatta produrre ad un mais superingegnerizzato ormai ad esaurimento ricombinazioni. Dopo il fallimento delle tossine da Bacillus thuringensis ora, si proverà con RNA interference, probabilmente fino alla prossima generazione di diabrotiche resistenti.
Mitica la considerazione a fine articolo rilasciata da chi indefessamente vuol continuare su questa strada: “La diabrotica ha un cervello così piccolo che a malapena si riesce a dissezionarlo. Ma l’evoluzione ha la sua intelligenza. E’ una lezione che continuiamo a non voler imparare… La selezione naturale vince sempre” !!! Ecco, appunto.