Dumbles: gruppo di ricerca ecofemminista
Agosto 2025/workinprogress
Come un organismo in evoluzione
Nell’agosto del 2024, a un anno di distanza dalla morte di Marinella Bragagnini, avvenuta il 24 luglio 20231, abbiamo sbobinato e trascritto un “intervento” sull’Ecofemminismo da lei tenuto a Udine nel 20182, utilizzando un video e degli appunti, consegnatici durante la malattia, che, già nei suoi intenti, avrebbero dovuto essere trasformati in un testo scritto più fruibile e articolato.
Quella volta ci siamo prese la libertà di aggiungere solamente qualche nota generale, esplicativa o bibliografica, citando alcuni testi provenienti dalla sua biblioteca, lasciataci in custodia e sistemata presso lo Spazio Sociale Tai Gjai di San Giorgio di Nogaro, luogo in cui abbiamo condiviso ed elaborato gran parte dell’attività politica degli ultimi anni.
Ne è risultato un “Piccolo Manifesto Ecofemminista” caratterizzato da una lettura politica e da una sensibilità, che passa soprattutto attraverso la specifica lente della Biologia (ambito di sua formazione), che dà, a questo primo scritto sull’Ecofemminismo, un taglio particolare, personale e originale.
A due anni di distanza dalla morte di Marinella, pur conservando integro il documento trascritto, pubblicato e archiviato nel blog Dumbles nell’agosto 20243 (e che utilizzeremo, oltre che come base di riflessione e discussione preziosissima, anche come documento introduttivo di una raccolta di suoi scritti, che ci ripromettiamo di pubblicare), riapriamo il file, per proseguire il percorso, implementarlo, rielaborarlo, aggiornarlo, attribuendo ad esso valore di organismo ancora in evoluzione, capace di cogliere i cambiamenti e le veloci trasformazioni già avvenute … anche le nostre! Partiamo da noi, dal collettivo.
Dumbles: gruppo di ricerca ecofemminista
BIO: ci siamo incontrate nel 92′, giovanissime, in continuità con un’esperienza già iniziata dal Collettivo Femminista Friulano di cui conserviamo ancora alcuni scritti, tra cui un complesso documento sull’Ecofemminismo datato 1985-86, curato da Marinella e Antonella. Un documento tosto, fondativo, composto da diverse pagine, fitte, fitte, in cui contenuti importanti come Femminismo dell’Ecologia ed Ecologia del femminismo vengono proposti e articolati con tanto di riferimenti bibliografici.
Nel 92′, quindi, abbiamo scritto il nostro primo volantino Le lingue della conquista – le lingue della diversità, in occasione delle iniziative contro le colombiadi, firmandolo DUMBLES: feminis furlanis libertaris … attente, in quegli anni, a questioni linguistiche, neurolinguistiche, bioregionaliste, identitarie non campaniliste. Nome che abbiamo poi modificato, alla luce dell’incalzante emergenza ambientale e climatica, che ci ha obbligate a ragionare in termini più esplicitamente ecologici (ma non solo), diventando DUMBLES: gruppo di ricerca ecofemminista.
DUMBLES: antica parola friulana che significa “giovani donne” nella lingua dei luoghi in cui siamo nate.
GRUPPO DI RICERCA: per tentare di uscire dalle logiche di dominio, di un sesso sull’altro, dell’uomo sulla natura, degli stati sui popoli, della scienza sui corpi …
ECOFEMMINISTA: a tutt’oggi il femminismo non può prescindere da un discorso ecologico; un discorso ecologico (cioè la prospettiva di una società “in sintonia con il resto della natura”), non può prescindere da un discorso femminista (cioè di non discriminazione verso le donne) e nessuno dei due può prescindere da un contesto politico coltivato al di fuori dello stato.
*asterisco: come segno di inclusività, senza troppe categorie e classificazioni. Ci piace un approccio alle diversità meno categorizzante, una sensibilità molto più vicina a quella dei popoli nativi4
Quella volta si comunicava con i volantini, i dossier, gli stampati, le fanzine … ci si incontrava di persona, negli spazi occupati e/o autogestiti; l’in-formazione passava per via diretta, di mano in mano, direttamente nel territorio in cui si viveva e si agiva. Poi, nel 2001, anche per noi è arrivato il web. Siamo entrate come Ecofemminismo (dentro Ecologia Sociale, un sito in html, di cui, alcune di noi, hanno condiviso la nascita, il paradigma e la progressione ed in cui abbiamo sviluppato il nostro ipertesto ecofemminista) per dare forma e plasticità a quel pensiero ipertestuale, a quella visione del mondo, che da anni ci intrigava.
Dal locale al globale e dal reale al virtuale … nella rete, in Ecofemminismo.html, abbiamo cominciato a costruire i nostri percorsi ipertestuali. Nel 2009 abbiamo optato per il php e, come quasi tutti i siti di movimento, ci siamo trasformate in blog; più facile, più veloce, ma anche più rigidamente strutturato, rischiando una maggiore omologazione. E’ in http://dumbles.noblogs.org/, che abbiamo continuato il nostro percorso, cercando di aggiornare ed implementare, quasi quotidianamente, contenuti, temi, denunce, ribellioni, punti di vista … Il mondo visto con gli occhi delle Dumbles!
Abbiamo fatto parte di reti, quelle più affini, libertarie e femministe, per cercare di creare libere sinergie, punti di interconnessione che potessero completarci e rafforzarci …
Nella globalità del web, nella complessità dell’esistente, nella lotta dei movimenti, nei nostri corpi, nelle complicità, negli abbandoni, nelle solitudini, nelle differenze, nelle maternità, nelle difficoltà di ogni giorno … Siamo ancora qui. Come prima, diverse da prima.
Per il collettivo non abbiamo mai utilizzato fb, ma nel 2023 abbiamo aperto un profilo Instagram con un progetto un po’ “sperimentale”, che mirava a forzare, in parte, le pratiche di utilizzo standard della piattaforma, in modo da creare un contenitore che riuscisse ad organizzare passato e presente, memoria storica e workinprogress. Ardua sperimentazione, in un tempo in cui il qui ed ora – senza memoria detta legge. Ma non demordiamo!
Negli anni, tra reale e virtuale, attraverso la ricerca e la sperimentazione, abbiamo cercato di ripensare il mondo e di costruire la nostra mappa ecofemminista. In un mondo che, all’epoca, lasciava ancora spazio alle utopie. Oggi meno.
Tramare vie di lotta e di fuga … per autodeterminare, sperimentando, pratiche di libertà e realtà possibili … dentro l’insieme delle intricate relazioni ecologiche del vivente.
LUOGHI: dicevamo questo, lo pensiamo ancora, anche se il contesto ambientale, territoriale, culturale e relazionale è notevolmente cambiato.
“Abbiamo sempre pensato che la nostra battaglia per l’autodeterminazione … non possa essere separata dal luogo che abitiamo. In esso ragioniamo contro il sessismo, contro la violenza, contro le prevaricazioni … che colpiscono noi, ma anche il luogo intorno a noi. Quando diciamo che non vogliamo essere colonia di nessuno, lo diciamo in senso di rivendicazione individuale, collettiva, ma anche territoriale; le due cose sono inscindibili … Nessuna di noi può pensarsi in una terra colonizzata, ridotta ad un corridoio per passaggio di merci, ma, ancor prima, devastata in un immenso cantiere.” (Udine, presidio No Tav 8 marzo 2012)
“E’ all’ecologia sociale e al bioregionalismo che facciamo riferimento quando pensiamo al nostro territorio, al nostro dove. Viviamo in Friuli-Venezia Giulia, una regione politico-amministrativa artificiale, così definita e delimitata dopo la seconda guerra mondiale, ma sono le bioregioni a dar vita alle nostre mappe territoriali (Bassa Friulana, Isontino, …), che poco hanno a che fare con la geografia istituzionale. Bioregioni, ovvero quelle unità territoriali, spesso sfuggenti, di difficile delimitazione, non coincidenti con l’ufficialità delle regioni; bioregioni caratterizzate (un tempo!?) da una certa affinità ambientale, storica, linguistica e culturale; al loro interno è/era possibile percepire un senso di identità comune, ben lontano da quell’identità istituzionale o campanilista, leghista, conservatrice, razzista con cui possono essere confuse. Pensare per bioregioni equivale/equivaleva, quindi, ad avere una mappa territoriale ed una sensibilità diverse, indispensabili per sviluppare un approccio ecologico-sociale del territorio. E’ anche a questo tipo di sensibilità che attingiamo nelle lotte, tutte, anche quelle ambientali di questi ultimi anni. E’ per questo tipo di sensibilità che lottiamo contro lo sterminio dei territori”.
Dal 30 maggio 1984 ad oggi, abbiamo lottato, tutt*, per gli spazi sociali occupati/autogestiti.
Pur vivendo in una dimensione locale, non abbiamo mai dimentichiamo quella planetaria … quella delle tante popolazioni e dalle mille diversità, quella globale che riguarda le problematiche ecologiche, in particolare i cambiamenti climatici e quella globalizzata, che sta radicalmente cambiando i territori e la testa di chi li abita … più vicina alle nuove generazioni.
MODALITA’: attraverso pensieri e pratiche libertarie, autogestionarie, antisessiste, antirazziste, antifasciste, ecologiste, abbiamo cercato di ripensare il mondo … un tentativo di uscire dalle logiche di dominio, di un sesso sull’altro, dell’uomo sulla natura, degli stati sui popoli, della scienza sui corpi … per autodeterminare, sperimentando, realtà possibili … perché nella forma Stato, con la sua struttura istituzionale, gerarchica, abbiamo individuato una delle architravi del dominio. Rivendichiamo ancora l’autodeterminazione e l’autogestione negli/degli spazi, dove possiamo praticarla, sul nostro corpo, dove dobbiamo pretenderla, sul territorio, dove vogliamo ancora auspicarla e dove lottiamo per averla, perché è quello a cui tendiamo ancora …
Come abbiamo già detto, nel 2001 siamo entrate nella rete, definendo ed esprimendo meglio l’approccio Ecofemminista, istintivamente e storicamente già presente in Dumbles: feminis furlanis libertaris. Non stiamo parlando di un metodo, che non esiste, ma di un approccio, meglio focalizzato nel tempo e nutrito di tutto ciò di cui abbiamo parlato, di tutto ciò di cui parleremo e di tutto ciò che ancora non conosciamo …
tanto da decidere, come già detto all’inizio, di modificare il nome del gruppo in Dumbles: gruppo di ricerca ecofemminista. E’ in questa fase che è diventato sempre più chiaro uno dei focus del problema che, attraverso questo bagaglio teorico-esperienziale, avremmo dovuto affrontare, in questa nuova e complessa epoca, riassumibile in una domanda: quali sensibilità salveranno la terra? Per anni abbiamo pensato ad una sensibilità Ecofemminista, elaborata anche guardando a quei popoli, probabilmente ormai pochi, che non l’hanno ancora persa.
ECOFEMMINISMO
una ricetta per demolire il patriarcato
nell’epoca della crisi ambientale globale
Il patriarcato. Il patriarcato è quel sistema sociale nel quale un genere, quello maschile, esercita potere, proprietà, privilegio, dominio su ciò che è diverso da sé, sul genere femminile e su tutti quei soggetti che non si conformano alla sua autorità morale. Nello stesso tempo è anche quel sistema che ha dato forma ad una epistemologia, ad una scienza e ad una tecnologia, cioè ad un sistema di interpretazione e manipolazione della natura, che oggi ci lascia, per esaurimento delle risorse, estinzione delle specie e cambiamento climatico, sull’orlo dell’abisso. Viviamo nella società del dominio, che è caratterizzata dal patriarcato, ma come dice Dilar Dirik, nessun* si chiede quando e dove è nato storicamente o, peggio, si nega.
Il patriarcato non è naturale. Ha avuto un’origine o più origini, che poi sono confluite a determinare quel sistema sociale in cui gli uomini detengono o pretendono di detenere il potere, l’autorià morale, il dominio, all’interno della famiglia e non solo.
Secondo Sylvia Walby il patriarcato è un sistema di strutture sociali interconnesse tra loro che permettono agli uomini di sfruttare le donne e,
anche se non è esplicitamente stabilito dalla loro costituzione o dalle loro leggi, la maggior parte delle società contemporanee sono, in pratica, patriarcali. Occorre prenderne coscienza ed agire. Ecofemminismo, quindi, come chiave interpretativa per fare la cosa giusta.
https://vimeo.com/259609846?from=outro-embed
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Le società organiche. Ma cosa c’era prima del Patriarcato? Quale struttura ed organizzazione sociale? Molti studi suggeriscono la presenza di società egualitarie. Bookchin dedica molti dei suoi scritti a queste società preletterate, caratterizzate da mancanza di coercizione, da spontaneismo ed egualitarismo. Società formatesi per l’innato bisogno umano d’associazione, di interdipendenza e mutuo appoggio. Società in sintonia con la natura6. Molte di queste società arcaiche erano matricentriche … o matriarcali o matrifocali7.
Secondo gli studi della Abendroth le società matriarcali si fondano sull’uguaglianza, che non vuol dire livellamento delle differenze (le differenze naturali, che esistono tra i generi e tra le generazioni, vengono rispettate e onorate), ma tali differenze non vengono mai utilizzate per creare delle gerarchie; a livello economico si fondano sulla circolarità dei beni, piuttosto che sull’accumulazione; a livello sociale, oltre che caratterizzarsi come società di discendenza in linea femminile e su una paternità sociale, sono organizzate in clan estesi (almeno 3 generazioni), finalizzati al mutuo appoggio e donne e uomini possono scegliere liberamente le loro relazioni amorose; a livello politico le decisioni vengono prese esclusivamente secondo il principio del consenso, vale a dire all’unanimità; a livello religioso, su riti in sintonia con la natura, caratterizzati dai cicli andata-ritorno (astri, stagioni, vita, morte), senza separazione tra le creature e siccome tutto, nel mondo, è divino, le culture matriarcali non conoscono la distinzione tra sacro e profano8.
L’emergere del dominio e della gerarchia: la gerontocrazia e il dominio sulla donna. La gerontocrazia, a giudizio di Bookchin, è stata la prima forma di gerarchia ed il primo caso in cui la conoscenza di dati e delle tecniche di sopravvivenza sono diventate territorio esclusivo degli anziani dei villaggi. Anche il ruolo della donna, dapprima paritario (vedi il culto della dea madre), è franato in posizione subalterna rispetto allo status dell’anziano saggio. La gerarchia è entrata a far parte integrante dell’inconscio e le classi sociali diventano l’aspetto più rilevante di un’umanità conflittuale e divisa.
Il dominio sulla natura, la naturalizzazione della donna e la sua deumanizzazione. Anche il Dominio sulla natura è lo sfondo ontologico del dominio di classe e statale, che, nella nostra società, ha dato luogo a dispositivi onnipervasivi. Il principio regolatore e morale maschile, così come domina la natura, domina la donna che, in quanto gerarchicamente subalterna, viene “naturalizzata”… Gli epiteti, tutti di ambito animale, hanno continuato a scorrere come un fiume in piena: civette, capinere, cagne, galline, gatte, falene, libellule, farfalle, tope, gazzelle, balene, tigri, oche, conigliette, mantidi, vampire, vacche ecc.
Sul genere e la scienza L’accesso alla conoscenza ed alla scienza è riservato agli uomini. Narrare la storia della conoscenza è il modo migliore per capire come si sia consolidato il dominio maschile sulla donna e sulla natura.
Prima che ci fossero le epistemologie femministe e i Gender Studies, tutto questo discorso sulla conoscenza veniva concepito come oggettivo e universale … in realtà, i più recenti studi hanno messo in luce come, invece, si tratta di saperi situati, poiché c’è sempre un soggetto che conosce qualcosa che viene conosciuto, ovvero la natura, ma il soggetto che conosce non è neutro; esso è sempre stato caratterizzato dal genere maschile e questo ha lasciato un’impronta anche nel tipo di scienza che si andava configurando e sviluppando.
La narrazione è sempre stata androcentrica, da Platone a Bacone, attraverso la sfida degli alchimisti vs meccanicisti, fino alla scienza ed alla tecnologia di oggi.
La metafora sessuale onniprensente è già un marchio.
Platone: La razionalità rende possibile la conoscenza; essa è presente nella mente umana e nelle regolarità della natura. La conoscenza è prerogativa della relazione maschile allievo-maestro. L’irrazionalità imbriglia la mente umana; irrazionalità e caos sono femminili ed ostacolano la conoscenza.
Bacone: il primo a dare efficacemente sostanza all’equazione fra conoscenza scentifica e potere; il primo a fissare come finalità della scienza il dominio sulla natura.
Per arrivare ai giorni nostri cito ancora Odifreddi che è un insigne logico-matematico e divulgatore, che si allinea dentro questo insieme di valori a cui abbiamo accennato e interviene criticando l’assegnazione della Medaglia Fields, uno dei maggiori riconoscimenti dati ai matematici che di recente è stato assegnato all’iraniana Maryam Mirzakhani. L’articolo, intitolato Il talento delle donne per la scienza, fa riferimento a questo riconoscimento parlando di una progressione discendente, che sembra indicare come l’attitudine femminile sia direttamente proporzionale alla concretezza e indirettamente proporzionale all’astrazione quindi, anche lui, è come se volesse sostenere che lo spirito maschile è proprio della trascendenza … mentre quello femminile rimane legato all’immanenza.9 (contraddizione rispetto a bacone?)
Fox Keller: “nella scienza si fondono in un tutto unico l’umana conoscenza e l’umano potere …”; “sono venuto invero a condurre a te la Natura con tutti i figli suoi, per vincolarla al tuo servizio e farne la tua schiava …”; “l’antica scienza è rappresentabile come un modesto parto femminile, passivo, debole, titubante, mentre ora è nato un maschio, attivo, virile, generativo …” 10
E dalla scienza si sviluppa la tecnologia. Infine dalla scienza si evolve la tecnologia (pur essendoci un complesso legame fra scienza e tecnica) che porta in sé, intrinsecamente, il dominio sulla natura … la scienza è la ricerca del perchè e la tecnologia la ricerca del come …
Da questo tipo di premessa si sviluppa una scienza con una forte impronta di tipo maschile e da ciò consegue anche un certo tipo di tecnologia … Per quanto il rapporto tra scienza e tecnologia sia abbastanza complesso, la tecnologia che viene messa a punto è spesso una tecnologia che va a sfruttare e a piegare la natura, pensiamo per esempio al motore termico rispetto a quelli che sono i motori biologici e quindi ci troviamo con il motore termico, che ha completamente devastato l’ambiente e ha sfruttato e consumato le risorse prodotte dal motore biologico, quello della fotosintesi e del ciclo vitale, che è sempre esistito. Ci troviamo quindi, a tutt’oggi, a fare i conti con il risultato di una tecnologia che, a sua volta, è frutto di una ricerca scientifica improntata al maschile.
Portanza ambientale. La crisi ecologica è certificata dal cambiamento climatico come risultante di inquinamento e conseguente effetto serra. Un altro problema enorme, ma ancora tabù, è la portanza ambientale per quel che riguarda la popolazione. Il pianeta non potrà reggere la presenza prevista per i prossimi 50 anni di 9 miliardi di persone. Occorre intervenire sulla demografia e sulla distribuzione delle risorse a partire da una certezza: il picco di tutto (petrolio, terreno, cibo, minerali rari, api ecc.).
L’ecofemminismo: le componenti – la nostra ricetta. La necessità fondamentale è di agire alle origini del sistema del dominio.
Partiamo da una breve definizione di Femminismo: Femminismo, movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne; in senso più generale, insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica (Treccani).
A tutt’oggi il femminismo non può prescindere da un discorso ecologico; un discorso ecologico, cioè la prospettiva di una società “in sintonia con il resto della natura”, non può prescindere da un discorso femminista cioè di non discriminazione verso le donne e nessuno dei due può prescindere da un contesto politico coltivato al di fuori dello stato.
Oggi non possiamo esimerci dal fare i conti con tutto questo … per noi questo cosa significa? Se noi riconosciamo che la società del dominio è una società patriarcale, che si è fondata e si fonda anche oggi, per moltissimi aspetti, sullo sfruttamento delle donne, pensiamo anche solo al gap lavorativo dove, a parità di mansioni, la donna viene retribuita di meno, da ciò deriva che se noi dobbiamo coltivare un pensiero che sia di liberazione e di affrancamento da queste logiche di dominio, dobbiamo pensare in termini sia femministi che ecologici. Però, questo, non è sufficiente e qui possiamo fare un rapido excursus sui vari tipi di femminismo di cui si sta parlando in questi ultimi anni … dagli anni ’80 … quando noi abbiamo lanciato questo tipo di discorso non esistevano collettivi che si caratterizzassero in questo senso, invece in questi ultimi anni sì … un po’ perché la crisi ecologica è diventata più evidente, un po’ perché il femminismo storico ha esaurito la sua spinta, inoltre il femminismo storico non è mai stato qualcosa di monolitico, ma ha sempre avuto tantissime caratterizzazioni e sfumature.
Esistono tanti femminismi ma anche tanti ecofemminismi
1 – con una prospettiva istituzionale: c’è l’Ecofemminismo che viene rilanciato da Laura Cima, che è stata parlamentare all’interno dei Verdi (che non esistono più come entità politica) e ha fatto uscire un libro sull’Ecofemminismo in Italia11, dove racconta come, all’interno dei Verdi, del partito del sole che ride, dei Verdi arcobaleno … le donne che si impegnavano in quel contesto politico avevano tentato di introdurre le istanze del femminismo di quel periodo che lei chiama Ecofemminismo … però non si tratta di un Ecofemminismo che noi possiamo condividere per la sua impronta partitica e istituzionale.
2 – con una prospettiva che prende le mosse dalla situazione dei “paesi in via di sviluppo”, terzomondista: c’è un altro Ecofemminismo, interessante, quello portato avanti da Vandana Shiva, che prende le mosse dalle lotte delle donne e degli agricoltori in India e che contesta le coltivazioni intensive gli OGM.
3 – con una prospettiva accademica: c’è ancora l’Ecofemminismo che si insegna all’interno degli ambienti universitari, dove sono stati avviati molti corsi e tesi di laurea, ma si tratta di teorie che rimangono prevalentemente sulla carta.
4 – con una prospettiva movimentista: c’è un altro aspetto nell’Ecofemminismo che è quello che ha effettuato la saldatura tra il femminismo, l’animalismo e l’eco-veg-femminismo.
Una dimensione politica anarchica. Per completare un pensiero ecofemminista, come lo intendiamo noi, manca, però, la dimensione politica anarchica o comunque libertaria, indispensabile per poter coltivare l’Ecofemminismo al di fuori dello stato, che è il pilastro della gerarchia e del dominio.
Femminismo-ecologia-anarchismo sono in relazione tra loro attraverso tutti i temi che stanno intorno.
Non bastano il femminismo e l’ecologia, c’è bisogno anche di un contesto politico all’interno del quale portare avanti il discorso e pensare a delle azioni. Per noi il contesto politico si deve evolvere all’esterno di un contesto statale, perché non possiamo pensare di scardinare la società del dominio dentro una logica statale, con dei confini, con delle frontiere (il problema delle migrazioni, il rafforzamento del controllo dei confini, eccetera, eccetera).
I/le kurdi/e lo hanno forse capito?12 La Jinealogi?13
Un pensiero bioregionalista. Dobbiamo piuttosto evolvere un “pensiero Bioregionalista”. Solo in questo contesto l’Ecofemminismo può prendere slancio, perché se c’è un ragionamento ecologico, deve essere fatto sul territorio in cui si vive; se dobbiamo ripensare, per esempio, l’agricoltura, la dobbiamo ripensare nel luogo in cui siamo … e, in parte, anche le lotte per il clima … in fin dei conti si ripropone sempre il vecchio slogan “pensare globalmente e agire localmente”, ovvero in un contesto che, per noi, deve essere libertario. Questo è proprio quello che manca nelle altre declinazioni di Ecofemminismo anche se, da lì, possono arrivare dei contributi interessanti. Questo è il “nostro” Ecofemminismo … è un esercizio di pensiero complesso, perché, d’altra parte, la realtà è complessa.
Linguaggio performativo. Non è solo una questione di rivendicazione, certo, non vogliamo più l’oppressione, lo sfruttamento … vogliamo ovviamente l’autodeterminazione delle donne, tutti temi che sono sempre stati importanti all’interno del femminismo, ma se la realtà è complessa e presenta problemi enormi, noi dobbiamo cercare di elaborare un pensiero adeguato alla realtà, per esempio possiamo citare il caso del sessismo nel linguaggio. Qualcosa che si è sedimentato nel nostro cervello, che ci consente di parlare, ma mentre parliamo creiamo anche delle immagini dei soggetti, nel senso che il linguaggio è performativo, quindi la caratterizzazione di genere all’interno del linguaggio è un altro degli aspetti da prendere in considerazione14. Da qualsiasi angolazione si guardi la realtà, la violenza sulle donne, la procreazione attraverso le nuove tecnologie riproduttive, le tecnologie in agricoltura … tutte queste cose richiedono un pensiero abbastanza articolato, perché sappiamo da dove queste cose derivano … Mi ha colpita molto una pubblicità della Rai che sta programmando alcune lezioni sulla psicanalisi; nella pubblicità c’è una voce maschile che dice “non basta uno spermatozoo per fare un padre, non basta un utero per fare una madre … questa pubblicità mi rimanda una figura dello spermatozoo e dell’utero come se il contributo alla persona e alla vita che si deve formare da parte della madre fosse solamente l’utero, cioè il contenitore e non l’ovulo, con tutta quella parte di DNA materno che presuppone. Questo rende bene il carattere performativo del linguaggio infatti, per secoli e secoli, si è pensato che la donna fosse solo un contenitore che la madre non desse un contributo più sostanzioso di DNA e, tra l’altro, ne mette anche di più15; un esempio di linguaggio che non nomina e che esclude, cancella. C’è un linguaggio maschile, universale … come quando si dice “tutti” per comprendere anche le donne, ma senza nominarle. Sono tutti i retaggi del dominio che noi ci portiamo dietro dall’origine, dalla fine delle società organica e dall’origine della società del dominio.
In sintesi. Esiste un contesto ecologico, ovvero le basi ed il substrato della vita, in cui il soggetto (femminismo) elabora la sua liberazione e costruisce i suoi progetti di vita al di fuori della logica del dominio (anarchismo). Da qualsiasi di questi tre poli noi prendiamo le mosse, con qualsiasi argomento, ci ritroviamo collegati a tutto il resto.
L’Ecofemminismo è un po’ un esercizio di pensiero complesso, che, per agire nella realtà, deve anche semplificare, ma in modo cosciente.
Luogo di enunciazione, prospettiva di genere, genere performativo, sapere situato …. sono gli enunciati che abbiamo imparato ad usare e che collocano il soggetto nella sua ontologia rispetto alla realtà dell’intorno.
Questa è la base per poter pensare-progettare una realtà migliore di quella nella quale siamo immers*; in sintesi per “fare la cosa giusta”.
Perchè EcoFemminismo e non AnarcoFemminismo? Perchè l’emergenza ambientale ci obbliga a ragionare in termini ecologici; sia per una questione di complessità [ecosistemi-energia] che di interrelazioni [reti-retroazioni]. Se l’obiettivo è una società umana più equa, che si sviluppi su una base di giustizia sociale e di assenza di discriminazione [una società anarchica], non ci si può arrivare senza un ragionamento di tipo “ecologico”. Non solo per sanare il distorto rapporto con la natura (di sfruttamento), ma anche perchè dobbiamo riconoscere che, dal punto di vista evolutivo, la nostra è, comunque, una specie derivante da essa, evoluta in forma autocosciente (una specie parlante dotata di linguaggio complesso-simbolico), ma che ne mantiene il retaggio.
Femminismi, Ecofemminismi, Transfemminismi come risposta politica al sistema di dominio patriarccale-maschilista e come critica e rielaborazione epistemologica della storia della cultura e della scienza.
PRATICHE
Utili, almeno come spunto di riflessione, alcuni insegnamenti dei popoli nativi, che, per alcuni aspetti, rappresentano figure di continuità in sintonia con l’ambiente. Come orientarsi nel futuro, quindi, attraverso gli insegnamenti o le suggestioni dei popoli nativi?
Solamente l’occidente si è impegnato a costruire una contrapposizione tra natura e cultura … molti altri popoli vivono in continuità con l’ambiente che abitano … Secondo Reichel-Dolmatoff, i Desana (Amazzonia colombiana) concepiscono il mondo come un sistema omeostatico in cui la quantità di energia spesa, l’output, è direttamente legata alla quantità di energia ricevuta, l’input … ogni individuo sarebbe dunque consapevole di non essere che un elemento di una rete complessa d’interazioni, che si sviluppa non soltanto nella sfera sociale, ma anche nella totalità di un universo che tende alla stabilità, dotata cioè di risorse e limiti finiti. Questo conferisce a tutti delle responsabilità di ordine etico: in particolare, non perturbare l’equilibrio generale di questo sistema fragile e non utilizzare mai l’energia senza restituirla rapidamente attraverso svariati tipi di operazioni rituali …16
Se l’Occidente avesse praticato questi principi, oggi probabilmente non saremmo davanti alla catastrofe climatica.
Là, dove l’acqua invece che travolgere non c’è più, perché i ghiacciai delle Ande peruviane si stanno sciogliendo, le cinque sorelle ingegnere agronome Machaca raccolgono la pioggia e creano delle lagune, accudiscono l’acqua grazie a conoscenze tecniche ancestrali, oggi soddisfano il 20% del volume di acqua consumata in tutta la regione. Yakumama, mamma acqua, quella di cui noi siamo fatti, per la maggior parte …
Dal paese delle donne, un altro modo di gestire le relazioni. Uno fra i tanti possibili.
Quale uomo accetterebbe di mantenere i figli delle sue sorelle invece dei propri figli? Quali società, quali governi, quali religioni accetterebbero di eliminare la struttura della famiglia tradizionale per sostituirla con una famiglia estesa, dalla quale sono esclusi i padri biologici? E chi sarebbe d’accordo nel sostituire l’istituzione del matrimonio con un sistema basato sulla libertà sessuale in cui la donna decide, senza pressioni di alcun tipo, con chi passare la notte e quando avere figli? Questo è il mondo dei Moso. Un sistema che non produce i conflitti e le violenze tra i sessi che il senso comune generalmente attribuisce alla “natura umana”. Un portale con la scritta cinese attraversa la strada da un’estremità all’altra.
«Benvenuti nel paese delle donne», «qui abitano i Moso, una società matriarcale». Siamo nella provincia dello Yunnan, ai piedi dell’Himalaya: “yun” vuol dire nuvola, “nan” vuol dire sud, il paese a sud delle nuvole. In questa regione incantata vivono i Moso, una minoranza etnica strutturata in grandi famiglie di discendenza materna. Questa società millenaria da sempre rifiuta il matrimonio. Persino durante la Rivoluzione culturale molte coppie tentarono di sottrarsi a un’imposizione che andava contro i loro stessi principi. Le coppie, infatti, non abitano sotto lo stesso tetto, ma passano la notte insieme per separarsi all’alba. Bizzarro, no? Pensate a una madre che redarguisce un figlio disubbidiente sotto la minaccia di farlo sposare! Fra i Moso non è impossibile che accada. Qui si tollera meglio un’infedeltà che la violenza derivante dalla gelosia (Francesca Rosati Freeman).
Con un taglio marcatamente politico-sociale, abbiamo guardato anche a Jinwar. Un progetto concreto, collettivo, femminista, bioregionalista e internazionalista.
“Nel mezzo della guerra in Siria, le donne nel Rojava si sono costrui te una nuova vita. Le esperienze raccolte nel percorso di costruzione dell’autonomia democratica, nell’organizzazione di base nelle comuni di donne, nelle cooperative di donne e nei consigli di donne, hanno dato loro il coraggio di osare nuovi passi. Così è nata l’idea di fondare il villaggio, delle donne. Jinwar, che in curdo significa luogo delle donne libere, dovrà diventare un villaggio nel quale le donne, che hanno sofferto per la guerra e la violenza, così come le donne che non vogliono creare una famiglia classica, ma piuttosto desiderano una vita collettiva con altre donne, possono vivere insieme e in modo autodeterminato. Donne di diverse città e villaggi del Rojava sono coinvolte in questo progetto … una nuova cultura di vita che si collega a forme di produzione e di vita tradizionali, ecologiche, nella regione della Mezza Luna Fertile. Speriamo che l’effetto di Jinwar non resti limitato al villaggio, ma ispiri
e rafforzi anche donne in altri luoghi e mostri nuove prospettive.” 17
Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di fare qualcosa di pratico in un’ottica di sostenibilità bioregionalistica e di lotta al cambiamento climatico. Teikei Tai Gjai18, un progetto di agricoltura partecipata bio km0 che riguarda la verdura, la farina, i legumi e l’olio … agricoltura biologica come strumento ecologico … per il recupero della fertilità del suolo senza il quale non ci sarà futuro alimentare.
Ruben Orozco Loza, artista messicano, sintetizza bene il problema che attanaglia la nostra società, la nostra epoca con una scultura iperrealista: il volto di una ragazza che annega. Il suo volto affiora nel fiume Nervion, di Bilbao; lo si vede quando le acque si abbassano. Si chiama Bihar (domani) … non possiamo continuare a scommettere su modelli insostenibili ….
PROGETTO PAOLA
E’ nel 2017 che è venuta a mancare Paola Mazzaroli, una compagna di Trieste. Anche le Dumbles: gruppo di ricerca ecofemminista, stanno contribuendo, per sua esplicita volontà, alla realizzazione di un progetto. Dopo anni di discussioni, interrotte anche dal periodo covid, il 25 ottobre 2022, è nata l’Associazione Progetto Paola APS, che si occupa della sua attuazione19.
A Paola Mazzaroli
Progetto collettivo, femminista, ecologista, autodeterminato, resistente, libertario ,modulare, workinprogress …
aprile 2018/gennaio 2023
1https://dumbles.noblogs.org/2023/08/01/a-marinella/
2Di seguito il video integrale dell’intervento sull’Ecofemminismo tenuto da Marinella Bragagnini, nel 2018, presso la Libreria Friuli di Udine. Evento e riprese a cura del Collettivo Korovev: https://www.facebook.com/collettivokorovev/videos/1896925363881437
3https://dumbles.noblogs.org/piccolo-manifesto-ecofemminista/
4https://www.blmagazine.it/culture/i-nativi-americani-pionieri-del-non-binary-la-cultura-dei-due-spiriti-e-dei-cinque-generi/ https://mirellaizzo.blogspot.com/
5WALBY Sylvia, Theorizing patriarchy, Basil Blackwell Ltd, Padstow 1990.
6BOOKCHIN Murray, L’ecologia della libertà, Edizioni antistato, Milano 1984 (1982).
7Prima di parlare delle caratteristiche delle società matriarcali è bene puntualizzare il concetto di matriarcato, citando le parole di Abendroth: “Fino ad oggi l’idea che questa parola esprime è risultata del tutto inesatta e approssimativa, poiché priva di una definizione adeguata o spesso assente e ciò ha generato fraintendimenti e costanti distorsioni. Matriarcato, contrariamente alla Vulgata, non è equiparabile al termine patriarcato, che significa dominio o regola dei padri. Tradurre matriarcato come dominio o regola delle madri è sbagliato non solo dal punto di vista strettamente linguistico, ma anche sul piano fattuale, poiché in greco archè significa siadominio che incipit, inizio, origine … la traduzione corretta della parola matriarcato è quindi in principio le madri. Solo più tardi, quando nel quadro dell’ideologia patriarcale si è stabilito che il dominio è esistito fin dall’inizio della storia, la parola archè ha assunto il secondo significato, appunto quello di dominio.” ABENDROTH GOETTNER Heide, Le società matriarcali del passato e la nascita del patriarcato. Asia occidentale ed Europa, MIM Edizioni S.R.L., Milano 2023.
8ABENDROTH GOETTNER Heide, Le società matriarcali del passato e la nascita del patriarcato. Asia occidentale ed Europa, MIM Edizioni S.R.L., Milano 2023. Dal sito Dumbles: https://dumbles.noblogs.org/2023/10/28/la-nascita-del-patriarcato/
9Da Ipazia a Mirzakhani di Odifreddi http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2014/08/14/da-ipazia-a-mirzakhani/; Il talento delle donne per la scienza https://www.donnescienza.it/odifreddi-e-il-talento-delle-donne/; Odifreddi e il talento delle donne https://maddmaths.simai.eu/comunicare/odifreddi-e-il-talento-delle-donne/
10Non sappiamo di preciso da quale testo siano state tratte queste citazioni, per cui segnaliamo alcuni saggi fondamentali di Evelin Fox keller presenti nella biblioteca di Marinella. FOX KELLER Evelyn, Sul genere e la scienza, Garzanti, Milano 1987; FOX KELLER, Vita, scienza & cyberscienza, Garzanti, Cernusco-Milano 1996; FOX KELLER, Il secolo del gene, Garzanti, Cernusco-Milano 2001; FOX KELLER, In sintonia con l’organismo. La vita e l’opera di Barbara McClintock, Lit Edizioni, Roma 2017.
11CIMA Laura-MARCOMIN Franca (a cura di), L’Ecofemminismo in Italia. Le radici di una rivoluzione necessaria, Il Poligrafico, Padova 2017.
12SANTI Norma -VACCARI Salvo (a cura di), La sfida anarchica nel Rojava, BFS, Pisa 2019; OCALAN Abdullah, La rivoluzione delle donne, Libertà per Abdullah Ocalan Ed., 2013; TODESCHINI Silvia (a cura di), La rivoluzione vista dalle donne, 2016.
13Su questo argomento come Dumbles abbiamo organizzato diversi incontri tra cui: https://www.facebook.com/events/561108136181602/?ref=newsfeed&locale=it_IT (18 giugno 2023); https://www.facebook.com/events/239624675803230/?ref=newsfeed (9 dicembre 2023). Segnaliamo anche questa interessante pubblicazione: Donne, etica e rivoluzione. Intervista alle compagne del Rojava. A cura di Infoaut.org, Radio Onda d’Urto, 2016.
14Dal sito Dumbles: https://dumbles.noblogs.org/2012/06/11/violenza-delle-istituzioni-la-lingua/
15Mitocondrio: organo della cellula contenente molte coppie di un tratto di DNA trasmesso solo per via materna. Il “DNA mitocondriale” viene trasmesso dalla madre ai figli e quindi è identico a quello della nonna materna, dei nostri fratelli, delle nostre sorelle, nei figli delle sorelle di nostra madre… BARBUJANI Guido, Come eravamo. Storie della grande storia dell’uomo, Laterza, 2022.
16DESCOLA Philippe, Oltre natura e cultura, Raffaello Cortina, Milano 2021
17Per quanto riguarda Jinvar e l’esperienza delle donne all’interno del Confederalismo Democratico ricordiamo le ultime iniziative, organizzate in continuità con un lungo percorso politico, collettivo:
– 9 dicembre 2023, Tai Gjai. Strutture autorganizzate e percorso di emancipazione sociale ed economica delle donne in Rojava. Con Norma Santi.
– 18 giugno 2023, Tai Gjai. Che cos’è la Jineoloji. Ne abbiamo parlato, conCaterina del “Comitato Jineoloji di Brussels”.
18 Ci piace ricordare che il sistema di gestione cooperativo e partecipativo nasce e si sviluppa in Giappone tra gli anni ’60 e ’70, da un gruppo di donne che lo definiscono “Teikei”, ovvero il cibo con la faccia del contadin@. Dall’esperienza iniziale nella città di Kobe, l’accordo virtuoso tra produttori e consumatori viene replicato negli Stati Uniti, dove prende il nome di CSA (Community Supported Agriculture). Da qui arriva in Europa.
19Cfr. Progetto Paola 2018-2023. A cura di Dumbles.