Ɖuro, Ɖuki e Bido nel riassestamento degli stati
Ɖuro ed i suoi cani, stritolati nella storia che ha disfatto e rifatto la ex Yugoslavia ed in quella che governa il presente dei campi di detenzione per stranieri in Croazia.
Una storia esemplare di cancellazione ed attribuzione forzata di identità, a seconda della convenienza politica; una forma di “pulizia etnica” amministrativa, ma non per questo meno disumana, alla vigilia dell’entrata della Croazia nell’Unione Europea.
E’ una storia che condividiamo dalle compagne e dai compagni che là vivono.
Buona lettura.
Il primo marzo 2013 Radoslav Njegovan, clochard umaghese, e`stato deportato dalla polizia dal suo piccolo accampamento di Morino (Umago) al centro per stranieri irregolari di Ježevo (vicino a Dugo Selo).
Radoslav Njegovan, conosciuto da tutti come Đuro, viveva ad Umago da piu` di 30 anni, come molti si era trasferito dal suo villaggio natale ad Umago per lavorare come operaio nel settore edile.
Negli ultimi anni, perso il lavoro Đuro aveva deciso di vivere come clochard, solo con i suoi due cani, Bido e Đuki. Đuro non ha mai chiesto niente a nessuno e tanto meno alle istituzioni, le sue giornate le passava raccogliendo bottiglie da rivendere e accudendo nel migliore dei modi i suoi cani.
Đuro ha vissuto per molti anni la sua storia, indifferente e isolato dalla grande storia, quella degli stati, della guerra e della retorica, che ci vuole tutti sfruttati o sfruttatori, proprieta` di uno stato o dell’altro, senza curarsi di nessun documento. Ma questo era inaccettabile per le istituzioni statali e Đuro per lo stato croato e` sempre rimasto uno straniero, poco importava che lui vivesse ad Umago da quasi quaranta anni e lo stato croato esista solo da una ventina di anni. Đuro e` stato etichettato come serbo bosniaco e per molti i miti fondativi dello Stato, come guerra e nazionalismo anti-serbo, sono ancora forti e vivi.
Dopo diversi arresti Đuro e` stato infine deportato al moderno campo di detenzione per stranieri di Zagabria, per poi essere espulso in Bosnia. Il tutto nella piu` totale segretezza e con la complicita` delle istituzioni locali. A Đuro sono stati immediatamente sequestrati i telefoni e nessun familiare o conoscente e` stato informato, ne e` stato possibile mettersi in contatto con lui. Per Bido e Đuki, i cani di Đuro, la sentenza e` stata analoga: deportazione al canile sanitario di fiume e soppressione. Solo l’intervento di un gruppo animalista locale ha evitato la deportazione dei cani.
I centri detentivi per stranieri, ormai presenti in tutti gli stati industrializzati, sono una delle carrateristiche delle moderne democrazie, strumento plastico per ripulire la societa` dagli ultimi, per disciplinare la mano d’opera straniera e vessillo della retorica xenofoba e securitaria. Se nel sistema carcerario detentivo tradizionale ad annullare l’uomo e` il ribaltamento dei rapporti spazio/tempo rispetto al mondo oltre le sbarre, in questi centri ad annullare la dignita` umana e` l’arbitrarieta` del sistema e l’idea che vi si e` rinchiusi non per un’azione illegale ma in quanto uomini illegali, in quanto nati all’esterno del recinto di uno stato. La storia di Đuro, Bido e Đuki si ripete ogni giorno nell’indifferenza della gente.
Non vogliamo fare di Đuro, ormai ighiottito dal sistema, un martire ma crediamo che la sua storia sia l’espressione grottesca dell’arbitrarieta` dei confini statali e dell’azione dello stato, in quanto Đuro e` arrivato dall’attuale Bosnia nell’attuale Croazia, prima che questi stati nascessero dalla disgregazione dell’ex-Jugoslavia. L’attuale sistema sociale, come ci mostra la storia di Đuro, Bido e Đuki, e` fondato sulla gerarchia: gerarchia di classe, specie, genere, cultura ed etnia; l’espressione materiale della gerarchia sono i centri per stranieri, i canili lager o ogni luogo di reclusione.
Finche´ la nostra societa` sara` fondata sulla gerarchia e la privazione della liberta` nessuno si potra` realmente ritenere libero.
Viene inoltre da chiedersi se la tempestiva deportazione di Đuro alla vigilia dell’entrata della Croazia nell’Unione Europea non sia la nuova frontiera della pulizia etnico/sociale all’interno della fortezza U.E.
Alcune individualita` insofferenti a gabbie e catene