Capolinea
Il fotografo Raj Shetye è salito su un autobus ed in questa location vi ha imbastito delle foto di moda dove però ad avere evidenza non sono gli abiti e gli accessori da promuovere ma le scene nelle quali sono indossati: scene che evocano molestie e violenza nei confronti della donna/modella, e siccome siamo su un autobus e in India, evocano e ricordano lo stupro su un autobus a Delhi di una ragazza di ventitrè anni che poi, dopo giorni di agonia, morì.
Shetye non è il primo e non sarà l’ultimo a giocare ed a provarci con immagini provocatorie, con intenti ed interpretazioni ambigue, con giustificazioni pacchiane tipo: “In nessun modo intendevo rendere glamour quel fatto, che è al contrario molto negativo. È solo un modo di riportarlo alla luce”
La conosciamo questa luce, quella delle immagini del gioco erotico che magari è uno stupro chic tipo quello di Dolce & Gabbana o di Calvin Klein; quella che non sai mai quanto sia il fotografo ad amare la provocazione ed a shoccare la realtà o quanto sia questa ovvero “il pubblico” a richiedere indietro l’immagine patinata di un’azione violenta riconvertita e spendibile per lo sguardo libidinoso.
Lo stupro reinterpetato, la violenza sottintesa o evidente, sciccosa, fa vendere; se ne è discusso molto, se ne discuterà ancora sviscerando e decostruendo…. sempre sperando che sia l’ultima fermata di foraggiamento per queste strategie di marketing retrogrado.