Stupro. Al di là di ogni ragionevole patrocinio
L’obiettivo è ovvio, la modalità per raggiungerlo è tristemente nota e palese: rendere la vittima causa del suo male, trasformare il carnefice in vittima di adescamento, seduzione, inganno, infine trasformare la vittima in carnefice sicchè il carnefice cioè l’imputato (o gli imputati) per stupro, possano godere del minimo della pena o dell’assoluzione.
Questa è la strategia adottata dalla maggior parte dei difensori nei processi per stupro.
Questa è invariabilmente anche la strategia adottata dal difensore del militare di stanza all’Aquila imputato per lo stupro di una ragazza a Pizzoli (AQ).
La vicenda narrata dai quotidiani di circa un mese fa è questa: all’uscita da una discoteca una ragazza viene stuprata, in maniera estremamente violenta, probabilmente, come ha osservato successivamente il chirurgo che l’ha operata, anche con una sbarra di metallo, dato le profonde e forse permanenti lesioni all’apparato digerente; viene abbandonata nel retro della discoteca, nella neve dove rischia la morte per ipotermia. Solo l’uscita del titolare della discoteca nel giro esterno prima di chiudere, le salva la vita.
Ma, sia quel che sia, appresso al fatto ecco le prime mosse dentro lo schema prestabilito.
Il discredito della donna fondato sulla sua partecipazione consensuale, sull’uso di alcool giocato sempre come aggravante in quanto segno di immoralità… (mentre, in genere, per l’uomo, l’assunzione di alcool o droghe, è spesso giocato come attenuante in quanto segno di momentanea incoscienza e quindi di non piena responsabilità del fatto che gli si vorrebbe ascrivere), infine, la riduzione del delitto ad un “rapporto amoroso consenziente che ha provocato ferite”.
Queste ultime sono le testuali parole dell’avvocato di cui sopra pronunciate in due trasmissioni televisive.
Di questo ne ha parlato il blog Fuori genere che ha anche aggiunto i due video estratti dalle trasmissioni in questione. Guardateli, che siate uomini o donne, guardateli, immaginate di essere voi ferit* o mutilat* in qualcosa, immaginate di essere voi parte lesa, guardateli e tenete vicino il sacchetto per il vomito.
Il disgusto è assoluto, primo per l’uomo che si permette di sparare tali e tante oscenità da andare veramente oltre il miserabile uso, -possibile solo in un paese profondamente maschilista-, di patrocinare l’imputato secondo lo schema che abbiamo detto.
E poi c’è dell’altro, c’è quella comparazione tra il rapporto amoroso che provoca ferite, il parto fisiologico che provoca ferite, e quel particolare rapporto che ha provocato ferite. C’è quella implicita, suggerita, relazione di contiguità e uguaglianza tra il condiviso e il naturale accomunati dal provocare ferite sicchè lo stupro svanisce a meno di non pensare che o un rapporto naturale è uno stupro o uno stupro è un rapporto naturale. Un orrore.
Un orrore l’avvocato che svela in televisione il nome della vittima e poi dice “embhè… mi è scappato…”
Un orrore le trasmissioni che permettono di dare voce a certi individui calati in pseudo dibattiti che hanno il solo scopo di eiaculare in piazza porcherie patriarcali in un finto contradditorio che in realtà è un’ulteriore stupro sul corpo di quella donna, ma anche di tutte le donne.
Alla fine quel po’ po’ di avvocato, si chiede come farà a spiegare a suo figlio che un uomo rischia di essere condannato a 15 anni per tentato omicidio e non ad un anno solo per “omissione di soccorso”. .
Noi ci chiediamo come facciamo noi, a spiegare, a noi ed alle nostre figlie, ma anche ai nostri figli che, ad anni ed anni da “processo per stupro” esistano ancora avvocati del genere…
Forse dobbiamo continuare a fare le femministe, ora più che mai.