Autogestione che passione

In questi giorni, grazie alla iniziativa de* compagn* di Pordenone, alla quale qualcuna di noi, se pur non continuativamente,  ha partecipato, abbiamo ripreso a pensare all’autogestione.
Tra le “vecchie” cose politiche archiviate, abbiamo trovato il testo di un nostro intervento alla “Fiera dell’autogestione” che si tenne a Padova nel ’94. C’erano dentro alcuni spunti che riteniamo importanti tutt’oggi; perlomeno come step dai quali riprendere; … un altro work-in-progress.
Lo riproponiamo con alcuni tagli ed aggiustamenti in quanto si tratta di una sbobinatura e quindi un trascritto con dei limiti ovvi legati al tempo in cui è stato prodotto ed alla pura trascrizione del parlato… in ogni caso, buona lettura.

INTERVENTO SUL FEMMINISMO E SULL’AUTOGESTIONE
Gruppo di ricerca Donne Libertarie Friulane DUMBLES

Abbiamo preparato un intervento che non è tanto l’illustrazione di una pratica, quanto l’invito a introdurre una riflessione che sia un presupposto per un discorso di autogestione.
………..
Noi non faremo una analisi articolata e dettagliata, però proponiamo una riflessione sull’autogestione verso la quale ci sentiamo in assonanza ed affinità, non tanto per aderire ad una progettualità politica… quanto per una questione di sensibilità.
La sensibilità è anche un prodotto storico che è parte della storia delle donne ed è momento soggettivo nel senso che è parte della storia, della memoria e della identità di sè.
Tra l’altro, il titolo del nostro intervento “Femminismo ed autogestione” in realtà era “Ecofemminismo ed autogestione” perchè molta parte del nostro discorso è in sintonia con quello sull’ecologia sociale….
Per parlare di autogestione, io vorrei fare riferimento al discorso del femminismo storico perchè questo connota molto bene che cosa avesse significato l’autogestione per le donne. Ad esempio negli slogan tipo: “Il corpo è mio e lo gestisco io”. oppure “aborto libero, gratuito, autogestito”, “10, 100, 1000 consultori autogestiti” e così via, per le donne il discorso dell’autogestione passava per il proprio corpo come luogo fisico e metafisico dove di più si esplicava il dominio dell’uno sull’altra. Perchè era proprio nella gestione del corpo dell’altra, nel darne delle definizioni, nell’attribuirgli una collocazione, nel farne quindi un uso, un abuso ed un sopruso che si costituisce l’identità forte del soggetto patriarcale. Lo stesso soggetto che l’autogestione femminista metteva in crisi.
E’ stato proprio dall’interrogarsi delle donne (anche attraverso l’autocoscienza) che ha preso le mosse la questione dell’identità di genere che ha poi connotato i femminismi o il post femminismo attuale.
L’autogestione però per quel che riguarda molta parte del femminismo è stato un obiettivo mancato nel senso che le esperienze di pratiche autogestionarie sul tema dell’aborto e della contraccezione si sono arenate in gran parte del movimento che si è istituzionalizzata ed ha trovato dei compromessi con la legge 194 e con i consultori pubblici.
Parlando con una compagna, si diceva che in una situazione così drammatica  per le donne, la loro voce si sente poco. E si sente poco anche perchè perdendo questo principio forte dell’autogestione, si è persa anche la strada che poteva portare a creare dei  punti di resistenza che nel tempo avrebbero consolidato delle barriere contro gli attacchi che si subiscono ora…. Oggi possiamo chiederci che fine abbia fatto lo slogan “il corpo è mio e lo gestisco io”.
Il corpo in realtà non esiste più, è esploso. Non ci sono corpi ma organi senza corpo oppure corpi vuoti che si riempiono con organi artificiali o con organi in transizione da un corpo all’altro… e tutto questo non è più una questione di autogestione come la si poteva intendere, perchè ormai è la scienza a gestire questo discorso, ed è la scienza che smembra ed assembla i corpi e le parti, per esempio per ciò che riguarda le nuove tecnologie di riproduzione, che tra l’altro, progrediscono sperimentando anche sul corpo delle donne che in molti casi sono consenzienti.
Il cedimento di questo principio forte ha depistato dalla ricerca di un’etica che poteva essere guida su quella strada impervia con cui individuare volta per volta l’interfaccia tra la matrice quasi etica della natura, la cultura, la tecnologia…
Ma l’autogestione avrebbe anche potuto realizzare qualcosa di molto importante ovvero sostanziare l’identità.
Noi siamo convinte che senza identità non c’è autogestione.
Per noi l’identità è molto importante, ma di solito, questo è frainteso perchè si pensa ad una identità forte e chiusa… e quindi viene negata. … quello che riteniamo importante è invece saper leggere quando acquista una valenza positiva diventando dispositivo di liberazione e quando invece acquista valenza reazionaria di chiusura e di repressione diventando meccanismo di domino.
Secondo noi l’identità intesa come divenire disincarnato, quello proposto dalle varie teorie sulla disidentità non può essere di nessuna utilità per le lotte delle donne e dei popoli minorizzati … Anzi, spesso, questo divenire disincarnato trasforma le soggettività  in oggetti di consumo mettendoli in vendita sul mercato delle differenze.
La diversità che l’identità comporta deve diventare riflessione per difendere tutte le diversità, personali, sessuali, linguistiche, etniche, di desiderio ecc. ecc. cercando quel legame tra particolare e globale che è uno dei fini dell’ecologia sociale “scienza” della diversità, etica della solidarietà, pensiero della libertà e del divenire. All’interno della società del dominio dove la diversità è stata negata, automaticamente è stato negato anche l’emergere dell’individualità e della soggettività femminile.
Per esempio, con l’ecofemminismo avevamo individuato molti aspetti che hanno caratterizzato la società del dominio e cioè una azione dura sull’ambiente guidata da una razionalità autoritaria e una divisione di collocazione tra il maschile e il femminile, che ha relegato e donne in un sottobosco di sentimentalismi come unica collocazione permessa. Ora alle donne è permesso l’accesso anche ad altri livelli della società però praticati da coloro che Maroni ha definito “le donne con le palle”.
Interessante invece è verificare in quali ambiti e quanto questo principio della diversità sia accolto con una certa sensibilità. Il problema può essere riportato nell’ambito dei centri sociali dove ancora si manifestano espressioni sessiste…..
Quando emerge una soggettività, con essa emergono delle contraddizioni: ben venga questo se la soggettività ovvero la diversità emergente propone qualcosa di nuovo sulla strada della liberazione dal dominio.
Ora vediamo che cosa emergerà dal dibattito post-femminista e anche da quello che si colloca al di fuori dell’area libertaria: io, noi, crediamo che questa sia l’epoca in cui si debba elaborare un discorso sulla diversità ed introdurlo all’interno di un ambito di autogestione.
E’ fondamentale perchè se la prospettiva come appare nel titolo è l’edificazione di spazi politici e sociali che sappiano dar vita a forme di autogestione allargata, occorre che l’accettazione e la comprensione del discorso sulla diversità sia una condizione per l’autogestione che le donne devono proporre ed è un presupposto che gli uomini devono assumere altrimenti al di fuori di ciò non possono esserci nè autogestione diretta nè allargata.

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