Per Kobane e per il popolo kurdo
Domani 12 settembre manifestazione in appoggio alla resistenza kurda e alla carovana per Kobane – Trieste – h. 16,00 P.za della Borsa.
Qui sotto il nostro contributo:
JIN, JÎYAN, AZADÎ
Donne, vita, libertà, ovvero: “Che le donne vivano in libertà”.
Il senso è tutto qui. Semplicissimo.
E’ grande la lezione che ci arriva dalle donne curde, yezide, assire, arabe che hanno scelto di autorganizzarsi e autodinfendersi da quella summa di involuzione umana e patriarcale che è l’isis.
Potevano restare nelle loro case ed essere vittime bisognose di aiuto e invece hanno scelto di uscire con le armi e combattere.
Potevano combattere solo quel nemico che avanza tagliando teste, stuprando, distruggendo e commerciando in donne e antichità… invece hanno capito che solo questo non basta perchè quel nemico è pur sempre figlio di una cultura che lo ha prodotto: il patriarcato.
Potevano combattere il patriarcato per affermare un’emancipazione di genere che noi vediamo quotidianamente fallita nelle promesse istituzionali di chi specula sulla violenza sessuale per puro calcolo politico.
Invece, come disse Dilar Dirik attivista curda nel suo intervento alla Casa Internazionale delle donne del 10 ottobre dell’anno scorso:”…. La lotta delle donne curde non è solo una lotta militare contro Is per l’esistenza, ma una posizione politica contro l’ordine sociale e la mentalità patriarcale alla base dell’ordine sociale e della mentalità patriarcale. Sfidare le strutture sociali attraverso la mobilitazione politica e l’emancipazione sociale, insieme all’autodifesa armata, è un contro potere sostenibile a lungo termine per sconfiggere la mentalità di Is…” e, continua, “Is è solo la forma attualmente più estrema di oppressione fisica delle donne che cerca di distruggere ideologicamente tutto ciò che la liberazione delle donne rappresenta”
Ecco, le donne libere non piacciono, né all’oriente, né all’occidente; né a chi le vorrebbe cancellare con forme estreme, né a chi le offusca o censura con le modalità soft dei media.
Non abbiamo forse visto i media nostrani guardare con occhio vojeuristico alle combattenti con la treccia ai tempi della resistenza di Kobane, la novità da dare in pasto come curiosità all’opinione pubblica, e poi tacere sulle loro motivazioni e oggi ancor più, tacere sui massacri nei villaggi curdi ad opera non solo dell’Is ma anche (e soprattutto) dei militari turchi?
Alla Turchia non piacciono le donne libere (il primo ministro turco Bülent Arinç avrebbe voluto perfino proibire loro di sorridere in pubblico) figuriamoci se sono attiviste di quel popolo curdo che lo stato turco vorrebbe cancellare dal suo orizzonte e dalla faccia della terra. Fidan Dogan, Sakine Cansiz e Leyla Saylemez, curde, attive politicamente, furono perseguitate, allontanate dalla propria terra e poi assassinate a Parigi il 9 gennaio 2013.
E non piacciono nemmeno all’Europa che la prossima settimana aprirà le porte di Expo alla Turchia mentre a Londra manda a processo Shilan Ozcelik, diciottenne, in custodia cautelare in base al Terrorism Act del 2006, con l’accusa di aver fatto un viaggio in Siria per lottare contro ISIS e aver tentato di unirsi alle Unità di protezione delle donne del PKK.
Se ne deduce che combattere contro ISIS in Europa è considerato un reato.
…L’Europa che doveva essere l’Europa dei popoli, sempre allineata alle potenze occidentali che hanno finanziato e di fatto sostenuto l’Isis, senza poi oggi riuscire a controllarlo, (tutto già visto con i talebani in Afghanistan e in altri luoghi sottoposti all’ esercizio del postcolonialismo e dell’imperialismo); l’Europa fortezza ai cui piedi muoiono migliaia di persone, le restanti filtrate da una sensibilità ipocrita e calcolatrice…
l’Europa che cancella popoli ed etnie a meno che non siano convertibili in masse da sfruttare e schiavizzare…
Grande è la lezione che ci viene dalle donne del Kurdistan in lotta; loro hanno saputo immaginare e, nella regione della Rojava, anche realizzare, un’altra società possibile; un luogo plurietnico, di convivenza tra curdi,arabi, turcomanni, cristiani, armeni, dove le categorie sociali e i rappresentanti delle comunità etniche partecipano in egual misura all’amministrazione della regione. E dove le donne hanno una leadership importante che ha dato speranza e forza…. e, come ribadito nella risoluzione finale della Conferenza sulla resistenza di Kobanê, “…Soprattutto in Medio Oriente ha generato un’enorme forza delle donne e ha dato nuove speranze a tutte le organizzazioni”.
E come dice ancora Dilar Dirik: Le donne del Kurdistan si percepiscono come le garanti di una società libera...
E se tutt* ci assumessimo un po’ questo ruolo sarebbe una gran cosa.