Mamma mia!

Dunque marceranno i “pro life“, con quel nome che è già una trappola semantica; come se qualcun* potesse, per contrapposizione, essere “pro death”; come se  l’idea che la vita che viene da Dio non fosse altro che un atto di fede individuale,  come se tutto il vivente fosse ridotto e concentrato nelle cellule di un embrione.
Tutto è detto nel logo dell’iniziativa: una croce, un figlio, una figlia, un padre, una madre -incinta.
La croce proietta la sua ombra su una sorta di scudo crociato e i colori sono blu e rosso. Blu per i maschi e la croce, rosso per la madre e la figlia. Rosa e celeste sarebbero stati poco visibili. Qui tutto è più marcato. Perché marceranno gli integralisti fra gli integralisti, i fascisti fra i fascisti, i chierici  e Maria Pia Garavaglia.
E marceranno non a caso domenica nel giorno della festa della mamma.
Perché il messaggio è contro l’aborto e la legge 194 che lo permette, contro le donne che abortiscono e vanno all’inferno, per rimarcare lo status della donna che è quello di mamma.
L’uomo produce, la donna riproduce. Potevamo pensare di esserne fuori?
Non proprio visto le incessanti aggressioni  all’autodeterminazione sessuale e procreativa.
Li guardassimo con gli occhi da antropologhe, per dirla con Sarah Hrdy, vedremmo questi  maschi umani, nell’insieme dell’intero ordine dei primati, mostrare un interesse addirittura ossessivo per lo stato riproduttivo dei membri del gruppo. Come primati di alto rango che vogliono controllare quando, dove  come si riproducono le femmine… e le femmine  che con loro sfilano, sono ancora quelle convinte di avere, se non proprio un destino da fattrici, comunque di non poter interferire con quella finalità di riproduttrici della specie assegnato loro da madre natura.
Attribuendo a ‘madre natura’ morale, valori e leggi che sono solo costrutti di una precisa struttura socio-culturale storicamente determinata.
E perciò la madre, declinata nella mamma, la matrice più domestica, più a portata di mano per costruire intorno retoriche, feste, consumismi, infine gabbie e, in tempi di crisi, maggior sfruttamento.
Allora in questa domenica di “festa della mamma”, siamo andate a rivedere il bel libro di Sarah Blaffer Hrdy “Istinto materno”, così, per una rilettura che dia un senso di ri-equilibrio lontano dalla melma integralista in marcia sui nostri uteri.
Il testo è del 1999, a suo tempo ci piacque, lo citammo qui, riportandone alcuni passaggi. Oggi ci sembra ancora interessante, e forse di più -il che è brutto segno-; significa che è in atto una regressione, per tutti gli attacchi alle sofferte “conquiste” delle donne cui abbiamo accennato, ma ci pare anche perché c’è una perversa polarizzazione peraltro molto evidente nell’immaginario maschile tra la donna da consumare come bambola e la donna che si consuma come mamma anche se, come diceva Hrdy, ogni tanto alle donne viene lanciato un biscottino affinchè non se la prendano se devono assomigliare alla Barbie e cita il saggio di David Buss L’evoluzione del desiderio dove ruffianamente si dice che “Tutte le donne discendono dalle vincitrici di un concorso di bellezza indetto dalla selezione sessuale durante il Pleistocene, cinque milioni di anni fa. Ogni vostra antenata è stata così attraente da ottenere un investimento maschile sufficiente ad allevare almeno un figlio fino all’età riproduttiva …” (cap. 1, pg.19).
Balle colossali anche dal punto di vista evolutivo, ed è da lì che Hrdy inizia il suo percorso di smontaggio degli stereotipi e ruoli mammeschi, perché “Non usciamo pronte all’uso dalla costola di qualcuno: siamo composte da molte eredità diverse assemblate  con i rimasugli di un processo evolutivo che è andato avanti per quattro miliardi di anni. Perfino le endorfine che hanno reso tollerabili i dolori del parto vengono da molecole che abbiamo in comune  con i lombrichi”(intoduzione XVII).
Ai nostri tempi si aggiunge lo smontaggio e riassemblaggio di parti riproduttive del corpo femminile; questa è del  Corriere di ieri; e che cosa aggiunge se non un quadro di ulteriore regressione sulla donna fattrice ridotta ad ovocita, sulla qualità del prodotto, sulla maternità a tutti i costi? Oh certo, c’è tutta l’intricata complessità creata dalle nuove tecnologie riproduttive, […di mamma non c’è n’è più una sola…] ma queste non vengono da un altro pianeta; non sono esse stesse un continuum scientifico tecnologico delle proiezioni umane (perlopiù maschili) su madre natura e sulla “natura” femminile”?
Mamma che caos!
Restiamo su Hrdy che così dice: “…perciò penso che per noi umani  essere a favore della vita possa soltanto significare essere a favore della libertà di dare la vita.”.
Semplice, semplice, in questa frase si colloca tutta l’autodeterminazione delle donne e la marcia pro life può anche andarsene all’inferno.

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