Il 23 prima del 25
Oggi c’è stata la manifestazione di cui avevamo parlato qui. Abbiamo partecipato pensando anche al 25 novembre ricordando a tutt* quanto la repressione si sia nascosta nelle norme contro il femminicidio. Qui sotto il volantino che abbiamo distribuito corredato delle foto della giornata.
CHI SEMINA REPRESSIONE RACCOGLIE RIBELLIONE
In una tranquilla notte infrasettimanale a Udine succede che passa una volante, un ragazzo estrae quell’arma potentissima che è il dito medio; quelli si fermano, chiedono i documenti ed alla risposta “non li ho”, scendono, lo sbattono a terra, gli saltano addosso, in cinque e più, lo picchiano e lo minacciano, lo arrestano per resistenza e aggressione, un’altra ragazza è spinta a terra, uno si prende un calcio, un’altro che filma la scena, viene arrestato pure lui; altri, un ragazzo e una ragazza vengono denunciati per resistenza senza aver opposto resistenza alcuna, schedati con foto ed impronte.
E non è un film. E’ la scena finale, l’alzozero di un percorso continuo di negazione di spazi sociali, di attacco ad ogni tentativo di autogestione con accanimento particolare verso gli/le studenti; verso i/le NoTav, verso chi avrebbe tutti i motivi per urlare in piazza la propria incazzatura in un contesto che oltretutto ti toglie speranza e futuro ad ogni giorno che passa.
La repressione allora è la risposta multifunzione: intimidatoria; che a uno/a non gli venga più tanta voglia di alzare la testa, la voce o un dito; preventiva: che non ti venga tanta voglia di andare in piazza a manifestare la tua rabbia; punitiva: attraverso botte, schedature e denunce; di inibizione verso l’azione; di prevenzione dell’autogestione; di conferma dell’ordine pre-costituito perchè colloca fra i/le cattivi/e chi si ribella ad una crisi che non ha provocato, e protegge chi ci si è ingrassato … politica-grandi opere-grandi imprese… non occorre che facciamo l’elenco ogni volta.
Ma ogni volta la repressione è lì a stabilire il confine fra il nulla che ti è concesso e tutto il resto che ti è proibito.
E di questi tempi infami, la repressione viene legittimata, se possibile, in modo anche più subdolo.
Visto che lunedì è il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ricordiamo che già da un po’ soluzioni repressive vengono prese con la scusa di tutelare le donne; uno per tutti ricordiamo il pogrom contro i Rom quando a Roma venne uccisa Giovanna Reggiani.
Poi si è continuato su questa linea, trattando -apposta- la violenza contro le donne come fatto emergenziale piuttosto che culturale; fino ad arrivare al decreto di qualche mese fa nel quale, senza vergogna alcuna, fra gli articoli che trattano le norme contro la violenza di genere, se ne sono inseriti altri che stabiliscono ulteriori norme repressive nei confronti della protesta NoTav in Val Susa. Quelle norme che inoltre avrebbero dovuto dare una risposta al femminicidio, in realtà sono norme ulteriormente repressive che tolgono alle donne l’autonomia decisionale, pongono lo Stato come tutore e le forze dell’ordine come referenti.
Ecco, facciamo un rapido flash sulle ffoo:dobbiamo ricordare degli stupri nelle caserme dei CC di Roma? Degli stupri nei Cie?, e dobbiamo ricordare Alina morta impiccata nella caserma di Opicina, e di quel poliziotto tolmezzino che spara alla moglie nel sonno… dobbiamo ricordare che Roberta Budai fu uccisa da un ufficiale dell’esercito? Dovremmo affidarci a chi ci manganella e palpeggia se protestiamo contro il Tav e poi ci dovrebbe tutelare se denunciamo violenza?
Eh No! Non và.
Li abbiamo sgamati: il braccio armato delle istituzioni; quelle che adesso sono diventate improvvisamente sensibili al femminicidio, e sono lì, Comune di Udine in testa a firmare protocolli su protocolli con preture, questure, carabinieri e tribunali per “Una città libera dalla Violenza sulle donne”, mentre ti sottraggono ogni spazio vitale, ogni possibilità economica, dove se chiedi una casa si girano dall’altra parte e se chiedi la carità di danno un calcio (ordinanza) in culo e se gli punti il dito indice nicchiano, se gli mostri il dito medio capita che ti mènano, il tutto in un contesto dove ti sussurrano all’orecchio che è meglio tornare a casa e riprendere a figliare altrimenti cala la base imponibile cioè quella dalla quale la politica deve strizzare fino all’ultima goccia di sangue per mantenere i suoi privilegi.
Occorre che diciamo chi sono gli/le attori/trici di questa politica di merda? No, non occorre che elenchiamo tutta la sinistra istituzionale, sindacati compresi; quella che si fa bella indossando lunedì qualcosa di rosso in adesione allo sciopero delle donne, al quale peraltro noi non aderiamo né partecipiamo che non vogliamo stare con questa pessima compagnia che svilisce definitivamente il concetto di sciopero trasformandolo in sceneggiata rituale perchè chi non si è mai occupato di patriarcato possa darsi una medaglia “dalla parte delle donne” (sbleahh!) e perchè possa rifarsi una verginità chi è sempre stato più dalla parte dei padroni che delle donne.
Con tutto il rispetto per quelle che lo hanno lanciato, ma per tutta la compagine di cui sopra, ci si alza il dito medio.
Saremo i soggetti preferiti dalla repressione? Chi semina repressione raccoglie ribellione e più insistono, più insistiamo, più reprimono più insorgiamo.