Stupro, t-shirt e shit
Oggi leggiamo di un gruppo di ragazzi di Udine e San Daniele che per il sabato sera hanno prenotato con il nome “cento stupri” un tavolo in una discoteca di Lignano. Segnaposto diligentemente trascritto dal personale della discoteca; targhetta poi postata trionfalmente sui social assieme a foto in cui tutti indossavano una maglietta con stampata la stessa identica frase: “cento stupri”.
Ci è venuta in mente la maglietta in vendita al Carrefour (poi ritirata) ad ottobre dell’anno scorso con scritto “problem” sotto il riquadro contenente lui e lei, e “solved” sotto il riquadro di lui che getta lei giù in caduta verticale fuori dal riquadro.
E poi ci viene in mente anche di quel vicesindaco di Roverè (Verona), in forza a Fratelli d’Italia, che in agosto si presentò ad una festa indossando una maglietta lato A: “Se non puoi sedurla…” e lato B: “… puoi sedarla”.
L’abito non fa il monaco… e la t-shirt non fa il macaco; fa molto peggio: l’istigazione allo stupro, al femminicidio, in ogni caso al sessismo che è pur sempre il contesto nel quale stupro e femminicidio crescono.
Eppure certe parole di cui ormai tutt* dovrebbero pesare e pensare il significato, sono buttate là, così, tanto per ridere, poi, alle proteste si chiede scusa, si ritira il prodotto e si va avanti fino alla prossima.
Contrito uno dei ragazzi della squadra di Lignano, affiancato dal padre (l’educatore!) secondo cui il figlio “ha fatto una cazzata enorme, igiustificabile”. “Cazzata” secondo il vocabolario Treccani, ma anche secondo il sentire comune, sta per sciocchezza, stupidaggine; ecco, per quanto enorme, sempre una cazzata è.
E’ un problema di parole e non è un problema da poco.
Mai come in questo caso, e come in tanti altri di questo genere, l’uso leggero e ridanciano della parola stupro indica due cose: o si tratta di deficienti che non conoscono il significato di ciò che dicono e scrivono, oppure, la banalizzazione dello stupro è il risultato di un apprendimento famigliare, sociale, culturale ammesso moralmente, stagnante nel back ground cognitivo di molti e molte.
Già…; al divertissement hanno aderito anche alcune amiche che hanno realizzato ancora meno il significato del tutto; altre ragazze hanno protestato; alle loro rimostranze, una delle risposte è stata questa:
“La parte divertente è proprio lo stupro, vuoi mettere quanto è divertente,ah e la parola NEGRO è molto raffinata e ricorda i bei periodi”.
Che sessismo, razzismo e fascismo vanno spesso assieme.
E’ il riflesso condizionato di chi per sentirsi superiore, forte, potente, deve avere qualcun altr* da ritenere inferiore, disprezzabile, …stuprabile. Stupro dunque sono. Funziona bene per l’uomo nei confronti della donna; non è necessario il suo compimento, ma è fico pensare di essere nella posizione di poterlo compiere. Si dice, si enuncia… 100 stupri… è pur sempre una dinamica relazionale, un costrutto comunicativo, un messaggio significante.
Perchè il linguaggio è performativo, come ci insegna Butler. Vero. Dice chi sono io e chi sei tu; mentre lo dice anche mi definisce e mi costruisce.
Scritto su una maglietta o il segnaposto di una discoteca il cui titolare dice che: … guardi, questa è una discoteca dove si sono sposate anche le persone…; ecco, un po’ di wedding washing, una tiratina d’orecchie a chi ha preso la prenotazione e ciao.
Domani è un altro giorno.