L’alba del giorno dopo. 26 novembre

Ieri 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, avevamo scritto che “…quest’anno una donna ogni tre giorni è stata uccisa da marito, convivente o conoscente; 91 a tutt’oggi, 95 l’anno scorso, ma siamo in tempo a recuperare (sic!) …”

Oggi 26 novembre ne contiamo 3 in più; siamo a 94.

Orribile contabilità che porta i nomi di Aycha ammazzata a coltellate dal marito mentre dormiva, di Loredana trovata cadavere fra gli scogli a Stalettì – indagato il marito, di

Aurelia ammazzata dal marito che si consegna ai carabinieri con le mani ancora lorde di sangue.

Veneto, Calabria, e oggi Friuli. Su e giù per lo stivale, la violenza contro le donne trascende lo spazio ed il tempo; è quasi ovunque ed è antica. Dentro le culture di tanti popoli e perciò dentro il cervello di tante persone.

Come un virus trova sempre degli ospiti nei quali riprodursi.

Due esempi di ieri.

Gorizia: su una panchina rossa, quelle che, come i monumenti ai caduti, ogni comune ha installato a monito delle vittime di femminicidio, mano ignota ha malamente vergato un “cagne – e sempre un perché”.

Talmassons provincia di Udine, Maxim Longue Bar: sul profilo Instagram c’è un messaggio: “Vodka, un bicchiere ed abbaiano tutte”.

La donna è bestia, né salda, né costante”, lo disse ai tempi di marco caco Sant’Agostino.

Certo, nulla è certo, qualcuno sostiene che il santo non fosse affatto misogino, il titolare del bar dice che è stato ackerato e il sindaco di Gorizia, dicendosi indignato per l’imbrattamento ha avuto parole di elogio per gli operai comunali che hanno ridipinto presto e bene. A lui, più che le panchine forse importano i tappeti rossi da stendere all’annuale ricevimento dei militi della Xma Mas.

Le donne possono abbaiare da un’altra parte.

Ecco, dopo i femminicidi e dopo tutta questa retorica di istituzioni e affini intorno ad essi, fa rivoltare questo micromondo, questo capillare atavismo misogino e sessista ereditato per via patrilineare, cresciuto e allevato con l’intimidazione, la fragilità e il disvalore che molte donne attribuiscono o sono indotte ad attribuire a loro stesse.

Ancora un esempio. Cosa dell’altro ieri 24 novembre: Rai 2 manda un tutorial, sottolineiamo tutorial (!), su come una donna dovrebbe muoversi quando va a fare la spesa: sculettando e ancheggiando, inarcando la schiena per prodotto in altro, accucciata a cosce non troppo aperte per prodotto in basso.

Volendo riecheggiare gli epiteti donne/animali: una trasmissione da oche per le oche. Ecco la cultura che ci avvolge e ci accompagna ogni giorno, persistente, sotterranea.

Poi ogni tanto, qua o là, emerge: nell’uomo che, come nelle parole di Feltri si è “impossessato”, -cioè ha preso possesso- di una donna e non è ammissibile che un bene acquisito ti si sottragga; nell’uomo fragile che esiste solo perché violento; nell’uomo forte della complicità di altri uomini.

E siccome questa è una cultura patriarcale, è una cultura prescrittiva per le donne la cui volontà non deve emergere, né la rabbia farsi sentire, né l’identità rivendicata; è una donna che deve essere guidata perfino con un tutorial per fare la spesa!

Cagne da punire [‘c’è sempre un perché’] cagne da addomesticare [‘un bicchiere di vodka e abbaiano subito’] … e siamo all’anno domini 2020! Anno del Signore, anno del dominio.

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