Stupro: chi insegna cosa

Nel linguaggio della cronaca, la vicenda è presto raccontata: una ragazza di quindici anni è stata stuprata nella notte di ferragosto sul lungomare di Lignano Sabbiadoro. Per il fatto da lei denunciato, sono stati fermati tre minorenni: due albanesi e un egiziano.

Successivamente, si scrive, lei li ha riconosciuti; due hanno agito e uno guardava.

Il piccolo branco ha compiuto la sua prodezza; ciò che forse i singoli componenti da soli non sarebbero riusciti.

Il branco è come un superorganismo, ha una sua identità; le singole individualità si fondono e la responsabilità (o i sensi di colpa) non sono più dell’uno; complicità e alleanze proteggono e permettono di mettere in scena relazioni gerarchiche e di forza fra uomini, se pur ancora piccoli. I potenti ed i gregari (chi agisce e chi guarda – e impara). Lo stupro di gruppo va oltre la pulsione sessuale violenta del singolo, richiede progettualità collettiva e perciò sottopone la vittima ad un’umiliazione anche più crudele, non solo un’espropriazione violenta e totale della propria volontà ma il tremendo ruolo di essere usata in un’interazione tra uomini che la usano e abusano per misurare se stessi. Uno strumento di misura; un metro per la potenza del proprio sesso.

Domanda: ma chi ha detto che il sesso si misura così e così si costruisce la propria identità virile?

Pochi esplicitamente, ma molti lo suggeriscono, è come un rumore di fondo che non abbandona mai. Ogni tanto emerge.

I ragazzi “bene” di San Daniele e il loro logo “cento stupri”, il presidente regionale dei costruttori edili che a chi non la pensa come lui augura gli vengano stuprate figlia e sorella, il vicesindaco di paese con la maglietta “se non puoi sedurla, puoi sedarla” ammiccando alle droghe da stupro ecc. ecc. tanto per citare alcune cose recenti.

D’altra parte, quando si discuteva di introdurre nelle scuole la riflessione sul genere, Fedriga, oggi governatore, allora segretario della Lega Nord, riteneva che “…Sacrificare attività didattiche per fare spazio a lezioni sull’identità sessuale (fosse) una grave forzatura…”.

Sia mai che parlare del genere dell’altro/a, imparare a sondare identità e differenze, a far emergere dubbi ed aspirazioni, certezze e con-fusioni possa scalfire sicurezze di ruolo imprintate nel cervello dall’atavico dictat patriarcale.

Perciò eccoci qua ad un nulla cambia ed allo stupro di ferragosto.

Con le dovute specificazioni: gli stupratori non sono né italiani, né friulani… ah ecco. Grasso che cola per chi è indaffarato a mettere insieme il teorema: immigrato=stupratore.

L’assessore alla sicurezza Roberti che ci risulta afono nei casi delle istigazioni di cui sopra, qui invoca direttamente la castrazione chimica, il sindaco di Udine Fontanini evidenzia che quei criminali avevano pure le vacanze pagate dal comune di provenienza essendo minori inseriti in comunità protetta. Altrochè!

Digitando parole chiave “stupro” e “ferragosto” , esce il titolo del “Messaggero”: “Stuprarono una ragazza minorenne al falò di ferragosto”, accadde l’anno scorso, erano in tre ed erano italiani, era a Fiumicino e il Messaggero era quello di Roma. Altri tempi, altri luoghi, ma l’azione commessa è la stessa, stesso il messaggio che trasmette e la vittima una ragazza che subisce sul proprio corpo l’umiliazione indirizzata a tutte le ragazze, a tutte le donne.

Noi siamo con lei, tutte le donne dovrebbero essere con lei.

Dalla solidarietà e dalla riflessione di genere deve venire la soluzione.

Che ci azzeccano leghisti come Roberti che con la frase “chi ha pagato la vacanza premio nella nostra regione per questi criminali?” definisce a priori criminali tutti i ragazzi di quella colonia per il solo fatto di essere stranieri o disagiati? Ci azzeccano che bisogna “imprimere un’accelerazione alla battaglia che stiamo conducendo per fermare e regolamentare flussi e accoglienza dei minori stranieri…” . Ecco, la già collaudata ed efficace propaganda politica sul corpo delle donne.

Una strumentalizzazione della violenza compiuta; eppure, una violenza anche questa.

D’altra parte, essi sono figlioli ed eredi del “Ce l’ho duro” o -politically correct- “celodurismo” di bossiana memoria e non hanno fatto neanche niente per riabilitarsi. In-castrati mentali.

 

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