Arrivederci alla prossima
Israele- Gaza: regge la tregua, dopo 11 giorni, dalla notte di giovedì 20 maggio.
L’“Operazione guardiano delle mura” è si è fermata dopo 230 morti palestinesi e 12 israeliani; 20 per ogni uno, più o meno.
Stop per il momento; fino alla prossima.
Israele ama dare titoli alle sue operazioni guerresche; una volta avevano nomi tipo “Arcobaleno” (2004), “Prime piogge” (2005) o “Piogge estive” (2006) oppure “Nuvole d’autunno” (2006) oppure ancora “Inverno caldo” (2008)… nomi da foto paesaggistiche con orizzonti di distruzione e morti invece che montagne e tramonti; cinismo e crudeltà allucinanti.
Poi c’è stata la più punitiva tipo “Piombo fuso” (2008-2009) e successivamente, è iniziata le sequenza di quelle con titolo difensivo tipo “Pilastro di difesa” (2012), o “Margine protettivo” (2014)… fino al “Guardiano delle mura” di questi giorni.
I nomi sono una sintesi, un significato, conferiscono un senso alla cosa.
“Difesa”, “protettivo”, “guardiano”… evocano il ‘diritto alla difesa’ che lo stato di Israele ritiene di avere; concetto giustificativo che rimbalza di media in media, penetra nell’opinione pubblica, si amplifica e infine, tutto il mondo deve sapere, e soprattutto credere, che la vittima è Israele.
Ma la disparità dei morti, le provocazioni (*) e le sequenze degli eventi; la storia stessa, raccontano un’altra storia… eppure, eppure…
E’ interessante la lettura quasi psicanalitica che ne fa Flavia Donati “...L’immagine di vittima è la roccaforte che magicamente si illude di annullare il contenuto delle proprie azioni quando illegali, violente, criminali, ingiuste, disumane, continuando a riflettere a se stesso la propria immagine di vittima. Una vittima anche quando diventa carnefice di inermi e innocenti. Psicodinamica dell’eterna vittima cui è dovuto un risarcimento senza fine e che per realizzare il suo progetto di conquista di terra e di potere deve usare la ‘negazione’ come difesa primitiva cui segue il corollario senza fine della falsificazione”…”Questa eterna vittima si perde l’etica per strada, il senso della realtà, il rapporto con la ricerca della verità personale e storica che è l’ossigeno della nostra sanità mentale, non sentire responsabilità verso l’altro umano, non sentire la colpa, non c’è rimorso, ma lo si nega proiettando la colpa sull’altro che diventa il male, il persecutore, il de-umanizzato…” (**)
Ecco, è tutta qui la risposta al perché la classe politica di un popolo e il popolo stesso che ha subìto uno dei più grandi orrori della storia, li possa riprodurre a danni di altri senza rimorsi, senza sensi di colpa, senza rivolta della coscienza.
Che cosa è la striscia di Gaza se non il più grande carcere a cielo aperto in terra, se non un campo di concentramento, luogo di internamento e segregazione, terra di tortura, costante e lenta pulizia etnica, razzismo e apartheid?
Ma il paradigma di colonizzazione sionista vuole che sia questo, perché, come titola Repubblica oggi: “Lo scopo di Israele è di arrivare ad uno Stato senza palestinesi”. Tutto qua. Fino alla prossima.
(*) Vedi articolo di Amira Haas “Israele asseconda le violenze della destra” su Internazionale n. 1408 7/13 maggio.
(**) citata su: E. Bartolomei, D. Carminati, A. Tradardi – “Gaza e l’industria israeliana della violenza” pag. 130-131 – DeriveApprodi 2015. Il sottolineato è nostro.