Molto spesso è una discriminante che viene adottata nlla sua versione ideologica più annacquata e compromessa: antifascismo come “padre della patria” (democratica!), cioè come generatore della democrazia parlamentare che si fonda sulla costituzione considerata alla stregua di un feticcio. Questa operazione (revisionista) ultimamente si porta dietro la retorica di sinistra della bandiera (mai visto tanti tricolori come negli ultimi due anni), cosicchè l’antifascismo viene piegato alle esigenze di un nazionalismo da unità nazionale e da pace sociale a tutti i costi, quando invece è stato storicamente ed è intrinsecamente internazionalista e nazionalitario, saldandosi o coincidendo con le lotte di liberazione nazionale. L’antifascismo viene così considerato nella sua componente di stabilizzazione di potere costituito piuttosto che come una lotta per un cambiamento radicale della società e per la rivoluzione sociale. Ma invece la Resistenza aprì una cesura nel tempo storico, spalancò una specie di terra di nessuno in cui un mondo diverso poteva essere immaginato e costruito. Nella Resistenza le azioni delle donne e dei giovanissimi si qualificano come comportamenti sovvertitori dell’esistente. Relativamente alla retorica della bandiera e dell’unità nazionale, non ossiamo nemmeno dimenticare ciò che hanno fatto le SNOQ, quando hanno usato la delirante metafora del corpo della donna come corpo della nazione, dicendo che chi offende le donne (attraverso immagini sessualizzate, mercificanti,…) tradisce lo stato (la nazione non è una escort, ma una madre di famiglia!), mettendo così in atto una grave forma di sessismo democratico mentre affermavano, al contrario, di voler combattere il sessismo. In realtà mi sembra non abbiano mai usato questo concetto, limitandosi a stigmatizzare i comportamenti sessuali delle escort e dei loro “illustri” clienti anche in quanto portatori di un’immagine offensiva della donna. Del resto anche la divisione in donne per bene e donne per male, sempre portata avanti da SNOQ, ha un’impostazione chiaramente sessista, perchè denigra dei soggetti denigrando i loro comportamenti sessuali.
Le perversioni dell’antifascismo istituzionale.
L’antifascismo bisogna ricrearlo ogni giorno, altrimenti anche le/gli antifasciste/i possono cadere nell’autoritarismo e nella legittimazione dell’autoritarismo. Le/gli attivisti notav della Val Susa sono stati capaci di fare questo. Mentre l’ANPI nazionale, depositario dell’antifascismo istituzionale ha preso posizioni regressive cercando così di indebolire la lotta di persone che hanno deciso di non rinunciare in nessun modo alla propria forza e di utilizzarla per resistere all’annientamento e alla sopraffazione.
La nostra esperienza di partecipazione come anarchiche/i ad un coordinamento antifascista ci ha posto di fronte alla cecità di molt* antifascist* di fronte all’emergere di gruppi neo-fasci e neo-nazi in nome di una malconcepita idea di libertà di espressione.
Esemplare a questo proposito è ciò che è successo a Udine nel 2008, quando il coordinamento antifascista aveva organizzato una proiezione pubblica di Nazi Rock. In questa occasione il coordinamento si è spaccato perchè molte componenti, in nome della libertà di espressione, non ritenevano importante tenere fuori eventuali fasci dall’iniziativa e avrebbero accettato di dare loro la parola. Il risultato è stato che gli/le anarchic* sono rimasti fuori dall’auditorium a presidiare la zona per dissuadere preventivamente i fascisti di forza nuova dal presentarsi e sono stati emarginati dalle altre componenti del coordinamento. Specificamente non possiamo dimenticare che l’ANPI locale, in quella occasione, era più preoccupata dell’eventuale impulsività degli/delle anarchichi/e che indignata dall’idea che venisse data la parola a dei fascisti in una iniziativa antifa.