L’osservazione viene facile, ed eccola pronta dal lato B della lega, quello populista, che osserva che durante questo duro periodo di crisi il parlamento si preoccupa di imporre l’insegnamento dell’inno di Mameli nelle scuole.
L’altro giorno, oltre a questo il parlamento ha anche deciso che il 17 marzo sarà il giorno dell’Unità d’Italia e che nelle scuole di ogni ordine e grado si dovranno organizzare “percorsi didattici e incontri celebrativi” per “riaffermare e consolidare l’identità nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica”.
In effetti è vero, fa veramente senso… questo rigurgito tardo o neo fascista nelle scuole mazzolate e tartassate da schiere di ministri della pubblica distruzione.
Sia chiaro, non fa meno senso la fuffa leghista con la sua scuola verde Adro ed il suo italianissimo e nazionalissimo vizietto di casta ladrona….
In realtà, pare proprio che questo governo tecnico, stia tecnicamente congegnando un sistema simildittatoriale in cui ormai è evidente, le proteste non addomesticate sono duramente represse, si denuncia e si arresta a puro scopo intimidatorio e nelle scuole ormai con forte composizione multietnica si esalta l’appartenenza nazionale… chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori e chi non è con noi è contro di noi.
Poi il perchè lo spiega bene il solito PD a chiusura del quadro: “Con questo ddl – ha detto il senatore del Pd Antonio Rusconi – alle scuole è affidato un compito importante: recuperare e rinnovare le radici di una Nazione, dei sacrifici compiuti e di quelli che si è ancora disposti a compiere insieme”… ecco dei sacrifici che si è ancora disposti (sic!) a compiere insieme… cioè noi.
Per ottusità, ignoranza o connivenza… Che sia una cosa o l’altra, già è deprecabile che un* ingori il cambiamento climatico; però forse è anche peggio che un* ne elogi gli aspetti positivi legati alle nuove possibilità di sfruttamento delle risorse che con lo scioglimento dei ghiacci si rendono più accessibili. Climalteranti cita e critica l’articolo di Loretta Napoleoni e ha ragione.
Non sappiamo già tutto su chi ne trarrà benefici e chi ne patirà le conseguenze? Exxon per esempio.
… continua in mare: L’ ultimo cadavere è stato ripescato dai marinai italiani quando il sole stava già tramontando, di fronte alle coste libiche. Era un’ altra donna. Un’ altra donna dalla pelle nera. Somala, quasi certamente, come tutte le vittime dell’ ultima tragedia dell’ immigrazione nel Mediterraneo…
e, per chi ci arriva, continua in terra: Un altro episodio di violenza al CIE di Gradisca d’Isonzo.
Ma, lo scrive Annamaria Rivera: mille volte, così che le nostre parole sono livide e consumate come i cadaveri che s’inabissano nel Mediterraneo: sul versante a Sud, non si può pretendere di rappresentare la rottura con i regimi dittatoriali senza spezzarne i cardini portanti, fra i quali gli accordi bilaterali; sul versante a Nord, non si può pretendere di rappresentare la rottura con il berlusconismo perpetuandone le abominevoli politiche proibizioniste.
già… a chi? per difendersi da questi orrori integralistiche “…ogni essere umano innocente, non può e non deve essere condannato a morte…”… gli altri invece: faccìno pure…
Le torinesi ci provano con Madre Terra; almeno lei sa che un seme non è un albero, che un ovulo fecondato non è un essere perchè sa la differenza fra il verbo essere e divenire, tra il presente ed il futuro.
Sante noi tutte che li sopportiamo!
sulla rete, di Pasolini in friulano abbiamo trovato questo. Un pezzo di poesia, “Casarsa”, recitata come è scritta e poi un pezzo di traduzione.
E’ vero, probabilmente non è nemmeno la voce del poeta, come si vuole far intendere, e quella musica di accompagnamento …tintine tintone, una villotta, il folclore moralista e tradizionalista buono per la lega… lasciamo stare…. perchè la sonorità di quel “fortunato mezzo per fissare una melodia infinita” è più forte.
Sarebbe lo stesso nella scrittura comune del friulano normalizzato, nella grafia standard, nella coinè ufficiale? Sarebbe nulla perchè non sarebbe Casarsa.
In questi giorni rimuginiamo ancora intorno alla madrelingua, alla cancellazione di tutte le sue diversità, dette “varietà locali”, in nome di un parlato e una scrittura uniformi per l’uso della lingua sul piano istituzionale e didattico… insomma quello che il fascismo faceva con l’obbligo all’italiano.
La ministra Fornero piange di nuovo, neanche fosse quelle madonne addolorate per i mali dell’umanità che poi i/le credenti portano candele, fiori e preci perchè almeno lei soffre per loro.
Ave Elsa…
Sù, sù, ministra non pianga; per ogni problema c’è una soluzione. In questo caso è facilissima, logica, dignitosa, a portata di mano. Ci permettiamo di suggerirLe quella più lampante: -cacciabombardieri +assistenze domiciliari. Guarda che formula semplice.
Se poi non si vuole, allora è un altro discorso… e non occorre fare sceneggiate lacrimose che ti arrossano gli occhi.
Gli uragani mangiano energia e si spostano dove la trovano. Per loro è periodo di vacche grasse; la temperatura dell’oceano al largo delle coste del medio Atlantico lo scorso settembre era di 1,3°C superiore alla media, tutto buono per crescere anche a latitudini inusuali… così Sandy è andato in città e ha lasciato i morti e i danni che abbiamo visto
Sandy è figlio di quella cosa che si chiama cambiamento climatico, diffuso, onnipresente e forse irreversibile; ne facciamo le spese tutt*, anche quell* che meno di altr* hanno contribuito a produrlo. Purtroppo.
«Penso che i posti di frontiera all’interno dell’Europa necessitino di un’analisi molto piú dettagliata. Lavoriamo ancora molto poco su questa categoria. La frontiera del Friuli Venezia Giulia è, a esempio, una fra le piú drammatiche, essendo stata teatro di ben due conflitti mondiali. Qui credo vi sia una ferita ancora aperta che rende molto piú doloroso pensare alle nostre differenze interne. Pensiamo alle lingue: il fascismo le ha annullate, ha proibito la lingua slovena, ha voluto cancellare quella friulana. Soltanto Pasolini, tra gli intellettuali, andò in controtendenza. Ora bisognerebbe riaprire in questa fase una riflessione pacata sul fatto che noi siamo i soggetti nomadi per eccellenza, che qui in questa frontiera la mistità è nel dna. Non c’è mai stato un momento in cui qui siamo stati di radice etnica pura, grazie al cielo. Non significa che siamo ibridi, ma che anzi siamo una cultura molto forte. Ne farei una ragione in piú per aprirci e fare spazio al mondo. Il soggetto nomade non è un soggetto privo di senso di appartenenza, anzi si sente appartenente a piú culture. Lo dice bene Virginia Woolf: “Io sono fissa però mi muovo”. Appartenenza è un miscuglio di registri affettivi, teorici, immaginari, molto profondi che ci permette di dire: questo è il territorio dove siamo nati e del quale ci sentiamo responsabili».
In questi giorni, grazie alla iniziativa de* compagn* di Pordenone, alla quale qualcuna di noi, se pur non continuativamente, ha partecipato, abbiamo ripreso a pensare all’autogestione.
Tra le “vecchie” cose politiche archiviate, abbiamo trovato il testo di un nostro intervento alla “Fiera dell’autogestione” che si tenne a Padova nel ’94. C’erano dentro alcuni spunti che riteniamo importanti tutt’oggi; perlomeno come step dai quali riprendere; … un altro work-in-progress.
Lo riproponiamo con alcuni tagli ed aggiustamenti in quanto si tratta di una sbobinatura e quindi un trascritto con dei limiti ovvi legati al tempo in cui è stato prodotto ed alla pura trascrizione del parlato… in ogni caso, buona lettura.
INTERVENTO SUL FEMMINISMO E SULL’AUTOGESTIONE
Gruppo di ricerca Donne Libertarie Friulane DUMBLES
Abbiamo preparato un intervento che non è tanto l’illustrazione di una pratica, quanto l’invito a introdurre una riflessione che sia un presupposto per un discorso di autogestione. Read the rest of this entry »
Sentieri sta per Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento. Lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità che oggi per voce del ministro Balduzzi ci aggiorna sullo stato dell’arte o della morte nei rioni di Taranto…. + 11% rispetto al 2008. L’11 percento di mortalità in eccesso è ottenuto mediando il dato relativo a uomini (+14%) e donne (+8%). Per queste ultime, in particolare, la situazione è drammatica: il 13 percento dei decessi è legato a tumori, il cui incremento è molto significativo (fegato: +75%; linfoma: +43%; utero: +80%; polmoni: +48%; stomaco: +100%; mammella: +24%). Anche gli uomini residenti nelle vicinanze dell’Ilva si sono ammalati di più rispetto al resto della provincia, con il 13 per cento di aumento dei casi di tumore.
Ma c’è un’altro studio che dice anche peggio: aumento di mortalità fino al 27%, tumori maligni del 5-42 per cento, malattie cardiovascolari del 10-28 per cento, malattie respiratorie dell’8-64 per cento
E infine c’è chi dice che “a Taranto i tumori non esistono“.
Femminicidio: spesso ci sembra che sia veramente un deficit di apprendimento, un tragico misunderstending, un pasticcio semantico che agisce chi non riesce a capire che quel “No” di una donna, significa “No”.
L’impulso ad agire con violenza, con un coltello o qualsiasi altra cosa, è sempre costruito nel tempo dentro questo buco nero del cervello dove collassa e si amalgamano tutti i materiali spazzatura che si costruiscono intorno alla parola amore che Femminismo a Sud mette bene in evidenza nella Lettera ad un potenziale femminicida.
Una distorsione sdolcinata e perversa cementata poi sul più atavico dei substrati: non si può riconoscere che una donna dica “No” fino a che non la si riconosce come soggetto autodeterminato.
Una bella trama quella di ieri sera, costruita sul filo del lavoro e della narrazione di Donatella Cozzi.
Stanzetta al limite fisiologico di trenta persone, che è quello che al momento ci è possibile in termini di spazio, dai tempi dello sgombero del CSA di Via Scalo Nuovo.
Donatella ha fatto strada in quelle “Imperfezioni del silenzio” dalle quali, per chi li vuole cogliere, sfuggono segnali, storie, materia che ridefiniscono le persone nella loro rete di relazioni tra storie individuali legate a storie sociali.
Perchè ci sono “malattie” definite dalla società che in realtà la definiscono; in particolare nei confronti delle donne; oggi la depressione è un pò quello che era l’isteria di un tempo nella sua connotazione misogina e sessista.
Perchè poi la depressione, parola scritta e parlata dal corpo malato (che la madrelingua descrive con il suo repertorio sintomatologico, di cui molto al femminile, peraltro) è la spiegazione di molte cose che non si riesce e non si vuole spiegare (ed aggiustare) altrimenti.
E’ la “malattia” funzionale alla società del dominio nella quale il dolore deve essere “fluidificato”, mantenuto sottotraccia farmacologicamente, cronicizzato, che non diventi nè indicatore, meno che meno stimolo al cambiamento; che sia il mantenimento di una addomesticazione che non crea problemi… quante biografie femminili si leggono in questa dimensione!
E quanto viene oggi usata strumentalmente questa “patologia”… delle volte anche quasi a giustificazione degli uomini che uccidono le donne…
Insomma, le riflessioni sviluppate ieri, sulla guida della complessità antropologica, fanno pensare alla depressione un pò come una trama contro le donne e allora, si è detto, occorre tramare, tramare veramente vie di fuga. Per noi tramare ha il senso di tessere, così come riportato in una citazione del libro di Cozzi.
Ecco, a proposito del libro, attualmente difficile da trovare (abbiamo ordinato alcune copie e chi è interessat* ci può contattare al ns indirizzo: dumbles@inventati.org); Donatella, dopo aver sentito l’editore, ci dirà se potremo metterlo on line.
Intanto prepariamo la registrazione filmata dell’incontro da postare su questo blog.
Venerdì ci incontriamo con Donatella Cozzi, antropologa, per parlare di quella cosa che chiamiamo “depressione” e di tutto quello che a questa gira intorno.
Avevamo incontrato Donatella nel lontano 1992, nell’ambito di una rassegna (“Dire, fare, baciare… tecnica, mutamento”) che avevamo organizzato al Centro Sociale Autogestito di Via Volturno a Udine. Lei, allora, stava proprio lavorando al testo, poi pubblicato nel 2007 con il titolo “Le imperfezioni del silenzio- riflessioni antropologiche sulla depressione femminile in un’area alpina”.
L’area alpina è quella della Carnia; il suo punto di riferimento è il centro di salute mentale di Tolmezzo, punto di arrivo di persone dolenti, spezzate, perse.
Dalle loro “storie” emergono relazioni, aspirazioni soggettive, trame sociali e famigliari, che la visione antropologica restituisce in modo forse meno parziale di quanto possano fare altre discipline e con un taglio, nel caso della nostra ospite, non certo accademico, ma di profonda sensibilità. Read the rest of this entry »
Che quadro desolante ci viene ogni tanto dalle indagini sulle violenze contro le donne!
Se dovessimo crederci avremmo davanti un insieme di uomini che picchiano mogli, fidanzate o comunque le donne che stanno loro vicino: ….perchè c’è brutto tempo o perchè la squadra del cuore ha perso, o perchè ha vinto… Che poi, delle volte sì, è anche vero; ci sembra di sentirli: maltrattare, inveire, andare giù di parole e gesti pesanti… Che poi una scusa vale l’altra per chi non sa guardarsi e ripensarsi; un lavoro difficile in un mondo che non aiuta.
Non perchè continua a piovere o per le passioni forti del calcio, ma perchè questo mondo dà loro ragione; non nell’atto concreto -che no, non si fa- ma nell’antico substrato che lo anima, una ragione pervasiva, identitaria, atavica… patriarcale insomma.
Guardiamo la tristissima foto che Zia Jo ha messo in apertura del suo post “Fango“; uno scritto altrettanto triste e toccante, bello.
E’ come se la lingua intercalata a descrivere quella condizione di tirannia, infamità e carestia, lo facesse uscire dal supporto elettronico che te lo trasmette…
Bello perchè è come quelle cose che danno il “la”, che pensi che è vero, quando la lingua esce dalla tradizione e dalla celebrazione folcloristica, rende vivo ciò che descrive perchè ne è la parte più profonda e pregnante.
E allora pensiamo che se noi siamo capaci di usarla per trasformare questo mondo, non per farlo tornare come un tempo, che forse non è mai stato e mai sarà, ma magari, anche meglio, allora noi saremo acqua… per sciogliere quel fango soffocante… parze che nun ‘o varìn capît di dulà che si scomenze… (perchè avremo capito da dove incominciare…)
Una volta era una cooperativa, poi è diventata un mostro.
Di quelli che vanno alla grande nelle grandi opere nelle quali si incunea alla perfezione la trama mafiosa e tangentizia. Un mostro che non guarda in faccia a nessuno se non ai suoi protettori politici. Ne parlava qui Ivan Cicconi.
Oggi c’è stata la manifestazione contro la CMC, contro i devastatori della terra, contro i perforatori di tunnel senza uscita, senza ritorno e senza rimedio. Ne prendessero atto pure Anpi e Rifondazione che oggi si sono defilati: Cemento Morte Corruzione: questi sono gli ingredienti del TAV . Ma forse già lo sanno.
oggi parliamo di un uomo, morto, forse per mano di una donna, la sua convivente. Qui la cronaca.
Saltiamo tutte le pagine del quotidiano che, come al solito, quando sente che l’ordine sociale viene alterato, fa intervenire sempre, dopo vicini, parenti, amici e conoscenti: il sindaco, il prete, l’esperto…
in questo caso di esperti ce ne sono due, anzi tre; quello per l’alcolismo (perchè lui, ma, si sibila, anche lei, bevevano parecchio), quella per l’alcolismo versione nemico della coppia, e quello per la psicologia. Read the rest of this entry »
Volantino dal Gruppo Anarchico Germinal di Trieste a proposito del pacchetto denunce & intimidazioni. Tutta la nostra solidarietà… Ci si rivede in piazza… venerdì con gli studenti.
PIOVONO DENUNCE… E’ARRIVATO L’AUTUNNO!
Nell’ottobre e dicembre scorsi il movimento di “Occupytrieste” animò le piazze cittadine con la bella tendopoli in piazza Unità e poi in piazza della Borsa e poi con alcuni tentativi di occupazione di uno spazio sociale.
Fra la fine di febbraio e inizi marzo ci furono invece le mobilitazioni NOTAV in solidarietà alla Valsusa in lotta e contro l’amministratore delle Ferrovie Moretti.
A seguito di quelle iniziative stanno arrivando oltre una cinquantina di denunce per i reati di occupazione abusiva, manifestazione non autorizzata e oltraggio a pubblico ufficiale.
Qualsiasi azione, per quanto pacifica, creativa e spontanea se esce dai confini della legalità, se inizia in embrione a mettere in discussione l’assetto sociale va incontro alla repressione. Che sia attraverso i tribunali, i manganelli o con campagne mediatiche ad hoc poco importa. L’importante è che il messaggio arrivi chiaro e forte: nessuna lotta può andare oltre la testimonianza, oltre la protesta simbolica.
Se si prova invece a riprendersi concretamente la città e i suoi spazi, sottraendoli alle logiche mercantili, se per esempio ci si oppone attivamente a progetti devastanti (per l’ambiente, per la società, per le nostre vite) come la tav, la repressione come sempre fa il suo sporco lavoro.
E lo fa sempre più duramente, restringendo progressivamente gli spazi di libertà e di espressione.
L’inganno della democrazia sta tutto qui: chiunque può pensare quello che vuole, può dire (quasi) quello che vuole, può anche -nei modi sempre più stretti stabiliti dalle leggi- manifestare il suo pensiero. L’importante è che le idee non diventino fatti concreti, che i pensieri rimangano nelle teste e nei cuori e non diventino azioni, che le manifestazioni siano solo delle passeggiate.
Non facciamoci intimidire, denunciamo le manovre repressive e rilanciamo le lotte.